La rivista nel 2022 è stata trasformata in archivio di contenuti.

Alberto Garutti. Didascalia/caption

Se Alberto Garutti è certamente tra gli artisti di punta della cosiddetta Public art, è vero anche che di quel tipo d’arte ha saputo restituire un aspetto particolare, bilanciandone la caratteristica dimensione collettiva con la ricerca di un contatto intimo col singolo spettatore.

PAC, 2012 Ficus Courtesy dell'artista
PAC, 2012
Ficus
Courtesy dell’artista

Questa particolarità emerge con forza in un recente intervento realizzato per la stazione ferroviaria di piazza Cadorna, a Milano. Si tratta di una piastrella di marmo cementata sulla banchina del Malpensa Express, sulla quale Garutti ha fatto incidere una frase, in italiano e inglese: “Tutti i passi che ho fatto nella mia vita mi hanno portato qui, ora. Every step I have taken in my life has led me here, now” – una seconda lastra, identica, è all’altro capo della linea, all’aeroporto di Milano-Malpensa. Ecco: un’opera plurale, calpestata e letta da centinaia di persone ogni giorno, ma capace al contempo di aprire un dialogo intimo con il singolo pendolare, muovendolo a riflettere, anche se solo per un attimo, sulle proprie scelte di vita – intimità che è ancor più accentuata dalla presenza, poco più in là, del famoso Needle, Thread and Knot di Claes Oldenburg, l’ago da cucito di diciotto metri che appunta il piazzale con un massiccio spago tricolore e che incarna, all’opposto, il volto più spettacolare e impersonale della public art. Ancora: un’opera estremamente diretta e semplice, tanto da arrivare a coincidere col proprio titolo, vale a dire con la frase scalfita sulla lapide.

Tutti i passi che ho fatto nella mia vita mi hanno portato qui, ora, 2010 Aeroporto di Milano, Malpensa
Tutti i passi che ho fatto nella mia vita mi hanno portato qui, ora, 2010
Aeroporto di Milano, Malpensa

La parola scritta svolge un ruolo importantissimo nelle installazioni di Alberto Garutti. Sono didascalie, come le chiama lui, apposte sopra o accanto all’opera, e ne fanno a un tempo da titolo e da spiegazione. Sono frasi brevi, soggetto-verbo-complemento, che non fanno uso di paroloni, né di complesse figure retoriche, ma composte con accuratezza in modo da aiutare gli spettatori ad entrare immediatamente in contatto con l’opera. Solo se sentita e compresa da tutti, infatti, essa può comunicare con efficacia il proprio messaggio. Questo ruolo funzionale della didascalia è ripreso dalla tradizione dell’arte concettuale, dove il titolo trasforma l’oggetto in opera d’arte, ma spostandone il contenuto dalla sfera logico-linguistica a quella sentimentale, in modo da stimolare nel lettore/osservatore una partecipazione empatica. Alla semplicità delle parole, corrisponde quella delle forme. Se l’arte pubblica è oggi spesso eccessiva e ingombrante, Garutti predilige invece un’estetica minimalista. Preferisce intervenire su strutture già presenti, adattandole alle sue esigenze espressive; e se introduce elementi nuovi nel paesaggio, lo fa nascondendoli e non evidenziandoli. Sono, dunque, oggetti e parole di tutti i giorni, presentati in modo da mantenere la loro semplicità e riconoscibilità, ma alzando al contempo la comunicazione a un livello un po’ più alto, si potrebbe quasi dire poetico.

Un’altra caratteristica interessante di molte opere pubbliche di Garutti è il loro essere, per così dire, sites-specific: sono sì progettate inizialmente per un particolare luogo, ma possono essere riproposte con facilità anche in altri siti – e quindi a nuovi pubblici e nuovi individui – solamente correggendone la relativa didascalia. Si prenda a esempio Ai nati oggi, ideata nel 1998 per piazza Dante a Bergamo, dove è permanente, e replicata poi a Gent, Roma, Istanbul e Mosca: “I lampioni di questo luogo sono collegati con il reparto di maternità dell’ospedale … Ogni volta che la luce lentamente pulserà, vorrà dire che è nato un bambino. L’opera è dedicata a lui e ai nati oggi in questa città” – similmente funziona l’installazione Temporali, duecento lampade alogene collegate via internet col SIRF, che si accendono ogni volta che il sistema di rilevamento dei fulmini registra la caduta di una saetta sul territorio italiano.

Il carattere partecipativo che caratterizza gli interventi urbani, è presente anche nelle opere “da museo”, come ben si può notare nella retrospettiva didascalia/caption al PAC di Milano, a cura di Paola Nicolin e Hans Ulrich Obrist – fino al 3 febbraio – che lo stesso artista ha presentato il 14 ottobre scorso alla Serpentine Gallery di Londra1 – Garutti era già stato ospite del PAC nel 2004 per la collettiva Spazi atti / Fitting Spaces, che riuniva “sette artisti italiani alle prese con la trasformazione dei luoghi”: aveva dipinto sedie, panche e tavoli con vernice fluorescente, in modo che s’illuminassero durante le ore di chiusura della galleria. Penso in particolare a due lavori, entrambi del 2012. Il primo è ben spiegato dalla frase a decalcomania sul muro all’ingresso della galleria milanese: “In queste sale 28 microfoni registrano tutte le parole che gli spettatori pronunceranno. Un libro a loro dedicato le raccoglierà”. L’altro consiste in migliaia di fogli di carta colorata impilati in colonnine di diverse altezze sul parquet della galleria, sui quali sono stampate tutte le didascalie delle opere “da strada” realizzate nel corso degli anni e che i visitatori possono raccattare e portarsi a casa nel numero che più li soddisfa.

 

Questi tubi collegano tra loro vari luoghi e spazi dell’edificio. Quest’opera è dedicata a chi passando di qui penserà alle voci e ai suoni della città, 2012 Veduta dell’installazione, Milano
Questi tubi collegano tra loro vari luoghi e spazi dell’edificio. Quest’opera è dedicata a chi passando di qui penserà alle voci e ai suoni della città, 2012
Veduta dell’installazione, Milano

La mostra è anche l’occasione per presentare una nuova installazione permanente per Milano presso la Torre Hines – César Pelli, il grattacielo più alto d’Italia, simbolo dei lavori di ammodernamento della città in vista dell’Expo 2015. Nel punto in cui il pozzo di ventilazione dell’edificio sbuca in superficie, sotto la tettoia d’ingresso, Garutti ha installato una balaustra composta da ventitré canne d’ottone, che s’insinuano tramite il cavedio nel ventre del fabbricato, come fossero tubature dell’acqua. Appoggiando l’orecchio all’apertura d’un cilindro, si ascolteranno suoni, rumori e parole provenienti dall’interno del palazzo. Su una mattonella ai piedi dell’installazione, come al solito, un’iscrizione: “Quest’opera è dedicata a chi passando di qui penserà alle voci e ai suoni della città”.

 Stefano Ferrari 

D’ARS year 52/nr 212/winter 2012

[1] Il video su http://thespace.org/items/e0001bq8?t=w8bg.

 

 

 

 

 

 

 

Stefano Ferrari si è laureato in Scienze dei Beni Culturali all’Università degli Studi di Milano e nel 2008 ha conseguito il master in Organizzazione e Comunicazione delle Arti Visive presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. Freelance, tirocinante editor, collabora con D’Ars, Myword e Delos Network.

share

Related posts