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Christine Sun Kim: artista in ascolto

Il lavoro di Christine Sun Kim è un viaggio nell’universo linguistico di una persona sorda; un percorso appena imboccato che ci porta alla scoperta di un suono, una voce, una parola condivisa e alla ricerca del significato di tale condivisione

Christine Sun Kim
Christine Sun Kim. Courtesy: Ashley E. Davidson.

Il suono è qualcosa di visionario: non avendolo mai conosciuto, Christine Sun Kim lo osserva nei gesti degli altri, lo coglie mentre trasforma il volto, lo spia – non senza voyeurismo – con l’aiuto delle macchine, lo esprime attraverso il corpo, lo trasforma. Nella serie Seismic Calligraphy, iniziata nel 2008 (Whitney Museum of American Art), l’artista usa i subwoofer per configurare delle tracce pittoriche su carta, trasformando la vibrazione in visione. Un suo recente progetto, v2r2, 2015 (Norberg Festival), consiste in una scultura sonora creata con lo scopo di rendere il suono tangibile.

Christine Sun Kim
Calibration Room, 2015. Courtesy: University of Texas Visual Arts Center. Foto: Lily Brooks.

Se l’udito non è altro che la gittata massima del tatto (derivano entrambi, nella nostra dotazione, dalla necessità di avere informazioni sui materiali, anche a distanza) il tipo di tangibilità che insegue Christine è tutt’altro che tautologica. L’udito è una forma di tatto senza intimità, poiché invece di essere impedito dalla distanza, se ne serve. Ci troviamo di fronte a una sorta di figura del noli me tangere, che dice «Non toccarmi, perché io ti tocco, e questo tocco è tale da tenerti discosta». «L’amore e la verità toccano respingendo: fanno arretrare colei o colui che colpiscono, poiché questo stesso contatto rivela che sono fuori portata. È con l’essere inattingibili che ci toccano e ci feriscono. Ciò che ci avvicinano è il loro allontanarsi: ce lo fanno sentire, e questo sentimento è appunto il loro senso. È il senso del tocco che ordina di non toccare».1

iChristine Sun Kim
Christine Sun Kim, Pianoiss … issmo (Worse Finish), 2012. Courtesy: l’artista. Foto: Erica Leone.

Per Christine il suono è sempre stata una linea di separazione dagli altri, ed è nel suono che cerca una riconciliazione con il mondo. Questo è quanto c’è di unico nella sua ricerca: l’intuizione che l’ascolto è il luogo del linguaggio, il luogo dell’incontro con l’altro e con la sua voce. Un percorso che va molto aldilà di facili sinestesie. La poetica di CSK non insegue un ideale di traduzione o traslazione degli stimoli, ma di una loro unificazione in seno a una comunicazione intima.

Nelle opere su carta, l’artista tenta con ironia di approssimare il più possibile musica e sordità. In Bounce House, 2015 (Sound Live Tokyo), organizza un party dove la musica è tutta sotto i 20Hz – oltre la linea sotto la quale smettiamo di percepire il suono a livello uditivo e cominciamo ad avvertirlo sotto forma di vibrazione delle ossa, degli organi e dell’epidermide. In Game of Skill 2.0, 2015 (MoMA) chiede al pubblico di trasformarsi nella puntina di un giradischi. Che si tratti di disegni, performance o progetti partecipativi a lungo termine, la pratica artistica di Christine Sun Kim è sempre profondamente relazionale. La sua opera visiva e sonora si colloca sempre nel momento dello scambio: scambio di informazioni, di visioni, di stimoli percettivi.

Si potrebbe cogliere nel fare di CSK un richiamo alla sua infanzia, segnata fin da subito da una sorta di “lotta col linguaggio”. Figlia di immigrati coreani in America, mentre lei imparava l’American Sign Language, loro faticavano a imparare l’inglese. Da sempre si è servita di qualcun’ altro o di qualcos’altro per avere una voce: un interprete, un amico, carta e penna. Tutta la sua crescita è accompagnata da questa sovrabbondanza linguistica, di idiomi e di strategie comunicative inconciliabili, se non addirittura in conflitto. Una paradossale e sofferta mancanza di “silenzio” in condizione di sordità. La saturazione di voci l’ha portata a sviluppare una sorta di “sospetto per la voce”, una visione dell’ascolto alternativa, acutizzando in lei la necessità di fondare una nuova pragmatica dell’ascoltare. Il lavoro di Christine Sun Kim sembra dirci che un percorso simile può e deve essere avviato da tutti, cominciando innanzitutto a chiederci qual è il rapporto fra il suono e la nostra identità.

Tutta la sua pratica è tesa a questo ripensamento radicale dell’ascolto, inteso nel suo più ampio grado di reciprocità. Parlare ed ascoltare (per comprendersi e raccontarsi) è il primo pensiero di CSK, che cerca, con l’arte, di trovare la propria voce. A rigor di termini, non si dovrebbe parlare di sound-artist, ma di listening-artist: artista dell’ascolto, artista in ascolto. Che ascolta e che vuole essere ascoltata – e che, soprattutto, vuole insegnare ad ascoltare. Qualcosa che ha molto meno a che fare col suono di quanto si creda.

1. Jean-Luc Nancy, Noli me tangere. Saggio sul levarsi del corpo, Torino 2005.

Francesco Venturi

website dell’artista

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