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ecologEAST. Arte e Natura al di là del Muro

ecologEAST, mostra che prosegue il programma espositivo del PAV iniziato dal direttore artistico Marco Scotini nel segno di un’indagine sulla portata politica delle pratiche artistiche rivolte al contesto naturale.

ecologEAST, veduta delle opere di ImreBukta, PAV – Parco Arte Vivente, Torino, 2016
ecologEAST, veduta delle opere di Imre Bukta, PAV – Parco Arte Vivente, Torino, 2016

Se in Earthrise si rintracciavano le radici (anni ’60-‘70) dell’impegno in senso ecologico di una parte dell’arte italiana, in reazione alla “corsa allo spazio” e allo sfruttamento industriale delle risorse naturali, ecologEAST si rivolge all’altro-mondo, ai paesi satelliti dell’URSS.  Anche qui la situazione non è diversa: il mito del progresso permea la politica sovietica tanto quanto quella dei paesi NATO.

Già dal ’57 (lancio dello Sputnik) a Gagarin primo uomo nello spazio (’61) anche nel mondo sovietico vige il mito della bandiera da piazzare sempre più lontano con l’ausilio della tecnica. La chiosa è già data in apertura della mostra da un’analisi di André Gorz del 1977: “Il Capitalismo fondato sulla crescita è morto. Il Socialismo fondato sulla crescita, che gli somiglia come un fratello, ci riflette l’immagine deformata non del nostro futuro ma del nostro passato”. L’errore quindi sta nell’eleggere la crescita a unica soluzione ai problemi economico-sociali, da perseguire appropriandosi dei mezzi tecnologici tipici anche del Capitalismo senza sostanziali differenze di utilizzo. Risultato ne è il degrado degli ambienti naturali e urbani, fino all’estreme conseguenze (disastro di Chernobyl, 1986).

Imre Bukta, In Search Of A Comfy Position On An Elevator, 1976. Courtesy l’artista e Godot Gallery, Budapest.
Imre Bukta, In Search Of A Comfy Position On An Elevator, 1976. Courtesy l’artista e Godot Gallery, Budapest.

Al contrario la pratica degli artisti in ecologEAST cerca di portare, come antidoto alla spersonalizzazione e alla perdita di contatto con l’ambiente, la partecipazione, l’agire in gruppo e con azioni spesso performative che coinvolgano direttamente i materiali naturali o i rapporti sociali. Si tratta di un’avanguardia trasversale tra Romania, Ungheria, Cecoslovacchia, Jugoslavia che agisce al di fuori del contesto artistico dominante, che sfrutta il concetto di crisi ambientale per criticare indirettamente le politiche di quel momento.

Peter Bartoš, Progetto di Parco Zoologico, Tardianni '60, Tecnicamistasutela, 101 x 200 cm, Courtesy dell’artista e AMT_project, Bratislava/Milano
Peter Bartoš, Progetto di Parco Zoologico, Tardianni ’60, Tecnica mista su tela, 101×200 cm. Courtesy dell’artista e AMT_project, Bratislava/Milano

Fortemente innovativa è anche una diffusa tendenza al superamento di un paradigma antropocentrico: la mostra si apre con la gigantografia di un’azione del 1974 dell’artista-agronomo Imre Bukta (Ungheria), che allestisce una Mostra casuale per gli animali della fattoria, con tele bianche appese agli attrezzi agricoli: la vedranno solo mucche e polli. Peter Bartoš, alla fine degli anni ’60 progetta invece innovativi parchi zoologici e meditativi.

In generale, i lavori cercano un superamento della dimensione individualista tramite la costituzione di gruppi e azioni collettive che eccedono gli spazi deputati all’arte: il Gruppo TOK (Croazia) compie nel 1972 un’operazione di pulitura dello spazio pubblico e installa bidoni trasparenti a Zagabria.

OHO Group/CTC (Comunità Temporanea di Costruzione), Haystack, Corn, Bricks, 1969, Ricostruzione dell’installazione, 2016, Fieno, granoturco, mattoni, dimensioni variabili, Realizzazione: Collettivo CTC
OHO Group/CTC (Comunità Temporanea di Costruzione), Haystack, Corn, Bricks, 1969, Ricostruzione dell’installazione, 2016, fieno, granoturco, mattoni, dimensioni variabili. Realizzazione: Collettivo CTC

Il Gruppo OHO si ritira dalla scena internazionale (erano giunti anche ad esporre al MoMA) e fonda negli anni ‘70 una comune in un villaggio in Slovenia, facendosi semplicemente chiamare “Famiglia di Šempas”, annullando la gerarchia uomo-natura e proponendo stili di vita alternativi.  Si mettono insomma in atto micropolitiche ecologiche o azioni effimere di cui rimarrà traccia solo nelle fotografie e dei rari video, come per Installazione umida, in cui Ana Lupas stende chilometri di bucato su una collina, Zorka Ságlová, che dissemina i campi di lenzuoli bianchi, o Rudolf Sikora che “intaglia” grandi frecce nella neve.

ecologEAST, veduta dell'opera di Ana Lupas, Installazione Umida / HumidInstallations, 1970, Fotografie stampate su carta, testo originale dell’artista, rotolo di tessuto originale, 70 x 100 cm ciascuna, 50 x 12, Courtesy dell’artista e P420, Bologna
ecologEAST, veduta dell’opera di Ana Lupas, Installazione Umida, 1970. Fotografie stampate su carta, testo originale dell’artista, rotolo di tessuto originale. Courtesy dell’artista e P420, Bologna

È grazie a una mostra come ecologEAST che tali materiali sono visibili per la prima volta in Italia, riuniti in un percorso che restituisce l’immagine di un contesto artistico fin’ora scarsamente analizzato dalla storia dell’arte ufficiale, testimonianza di operazioni artistiche al limite della visibilità e delle consuetudini sociali, ma che proprio per questo costituiscono un chiaro statement sulla fine di una prospettiva umanistica.

ecologEAST. Arte e Natura al di là del Muro
Fino al 26 giugno 2016
PAV – Parco Arte Vivente, Torino

Artisti in mostra: Peter Bartoš, Imre Bukta, Stano Filko, Ana Lupas, Teresa Murak, Gruppo OHO, Pécsi Műhely, Zorka Ságlová, Rudolf Sikora, Petr Štembera, Gruppo TOK, Jiří Valoch

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