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Fuoco nero, materia e struttura attorno e dopo Burri

Il Fuoco è quello con cui, sul finire degli anni cinquanta, Burri ha ustionato e sciolto la plastica delle sue meravigliose e dolorose Combustioni. È la materia con cui ha aperto un nuovo e sorprendente capitolo della sua ricerca e dell’arte contemporanea tutta. Anche il nero (così come il rosso) con Burri non è più unicamente un colore, ma una sostanza interiore, che l’artista umbro ha reso primordiale e indimenticabile: profonda e infinita come lo spazio cosmico, misteriosa e magnetica come gli abissi, drammatica e imperscrutabile come la morte, ma anche senza tempo e solenne come il mito. Lo è quando si deposita nei crateri formatisi tra le pieghe dei sacchi o nel rosso sanguigno delle plastiche liquefatte; lo è quando si stende come una pelle sui legni slabbrati e poi allineati in griglie o assemblati in poetici luoghi della memoria; lo è quando avvolge di silenzio e di assoluto le superfici di cellotex (un pannello industriale per uso edilizio).

Alberto Burri, Grande nero Cellotex M2, 1975, cellotex e acrilico su tela
Alberto Burri, Grande nero Cellotex M2, 1975, cellotex e acrilico su tela

E il Grande nero Cellotex M2 del 1975 è proprio tra quelli. Una gigantesca pala di tre metri di lunghezza e quasi due di altezza, donata da Burri al Centro Studi e Archivio della Comunicazione (CSAC) dell’Università di Parma nel 1987, attorno alla quale Arturo Carlo Quintavalle ha voluto costruire il racconto e le suggestioni di una mostra di opere di artisti di oggi e di ieri (aperta fino al 29 marzo nel Salone delle Scuderie in Pilotta a Parma).

(…)

Lorella Giudici
D’ARS year 55/n. 220/spring 2015 (incipit dell’articolo)

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