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Gia’ nel cielo si disegnano paesaggi impensabili. Pratiche e progetti curatoriali sull’ecologia

L’universo teorico di Gilles Clément è complesso ed inclusivo. Il Manifesto del Terzo Paesaggio è il suo testo più conosciuto, diffuso in vari contesti disciplinari, arti visive in prima linea. Il paesaggista si sofferma su parchi nascosti, riserve naturali, aree industriali dismesse, luoghi vitali per la tutela della biodiversità. Meno conosciuta è la sua indagine sul giardino, intenso sia come spazio fisico, in movimento, in cui i vegetali si disseminano ed espandono, sia in senso astratto, planetario, dove ogni gesto modifica l’intorno poiché parte del tutto. I giardinieri planetari – l’umanità, noi, nessuno escluso – sono chiamati alla responsabilità, ad osservare e salvaguardare le differenze. Partire da Clemént per introdurre una selezione di progetti strettamente connessi all’ecologia – intesa, come teorizza Félix Guattari, in senso ambientale, sociale e mentale – è un percorso quasi obbligato. Perché i suoi pensieri hanno un ruolo di prim’ordine nello studio della contemporaneità, nella costruzione di un’educazione allo sguardo e sono fonti da cui attingono paesaggisti, architetti, antropologi ma anche studiosi e professionisti nel campo dell’arte.

Malva. Spazio Growing Green in Piazza E. Berlinguer, Milano, Luglio 2012 Foto di Francesca Dainotto
Malva. Spazio Growing Green in Piazza E. Berlinguer, Milano, Luglio 2012
Foto di Francesca Dainotto

Ne trae costante ispirazione Growing Green, indagine continuativa, a cura di Francesca Dainotto e Serena Cattaneo, sulle possibili forme di relazione tra uomo e vegetazione in contesto urbano. Un loro intervento temporaneo, in piazza Berlinguer a Milano, consiste nella costruzione di 9 mq di flora urbana, fruibili e calpestabili dal pubblico. Chi attraversa la piazza è invitato a fermarsi e a rispondere ad alcune questioni semplici – A cosa serve questo spazio? La prima volta che hai visto un fiordaliso? Cos’è un erbaccia? –  nell’ottica di uno studio partecipato e vissuto dagli abitanti del quartiere e della città. Al di là di un immediato intento educativo, Growing Green costruisce spaesamenti minimi – chiamati giardini dell’immaginario – per riportare l’attenzione sulla flora spontanea e condividere una visione e una lettura del verde in contesto urbano. Non è focalizzato su un unico territorio ma allaccia quattro città europee – Bruxelles,Bologna, Loughborough, Cluj-Napoca – Green Days Project, che, attraverso laboratori, tavole studio, biciclettate e interventi d’arte pubblica, tenta di dare una risposta alla domanda: What can we learn from nature? Il progetto è sostenuto da European Cultural Foundation e riunisce un gruppo nutrito di autori connessi all’ambito artistico e scientifico. Tutti prendono le distanze dall’atteggiamento nostalgico e conservatore che vede in un ritorno alla natura la soluzione alla complessità del presente. Questioni strettamente ambientali – la crisi della società termoindustriale fondata su fonti energetiche non rinnovabili, l’inquinamento, il surriscaldamento del pianeta – vengono affrontate soltanto lateralmente, privilegiando le implicazioni filosofiche, psicologiche, economiche e sociali.

Produce progetti a lunga durata di rigenerazione del territorio Connecting Cultures, agenzia di ricerca e osservatorio stabile sul contemporaneo, che costruisce strumenti utili per comprendere in profondità i luoghi, in particolare di confine, e affrontare le trasformazioni in atto. Nel 2007 prende il via Imagining Parco Sud, intervento radicato nell’area del Parco Agricolo Sud di Milano, uno spazio esteso vissuto da circa tre milioni di abitanti eppure relegato ai margini, fisici e mentali. Qui Connecting Cultures, in collaborazione con diverse istituzioni internazionali, invita artisti, fotografi, performer, architetti e videomaker a sviluppare una mappatura del patrimonio naturale e culturale, con la consapevolezza che una visione poetica può restituire sensibilità e senso di appartenenza a un luogo. Ma può, al tempo stesso, riattivare connessioni tra abitanti, amministratori e potenziali investitori. Più recente è il progetto Future Cities, un concorso pubblico in cui ciascuno è invitato a prendere una posizione, immaginando scenari futuri per la vita in città. I partecipanti sono chiamati a produrre pensieri e ipotesi di riprogettazione di situazioni e ambienti in direzione di una riconquista di spazi di gesti e immaginari.

Land, art: a cultural ecology handbook (2006)
Land, art: a cultural ecology handbook (2006)

Procede con la stessa tensione e immaginazione il duo curatoriale Latitudes – di stanza a Barcellona e formato da Max Andrews e Mariana Canepa Luna – che esamina le pratiche artistiche che resistono alla spettacolarizzazione dei temi della natura. Il loro percorso si articola in collaborazioni, mostre e pubblicazioni come Land Art. A Cultural Ecology Handbook, testo di riferimento per studiosi e curatori interessati a un confronto con la materia.Invitati dalla rivista Uovo ad indossare i panni di editor, Andrews e Canepa Luna hanno collezionato saggi, interviste, immagini e costruito un numero del magazine interamente dedicato al verde. Attraverso operazioni connotate da una forte progettualità, Latitudes non si sofferma esclusivamente su temi ambientali ma affronta i limiti dei concetti tradizionali dell’ecologia spostando l’attenzione su significati culturali più ampi.

Di fronte a queste ricerche, che mettono al centro del dibattito culturale i temi della natura, occorre porsi alcune domande: Quanto pesa il contributo di operatori culturali, artisti e curatori? Qual è la sua influenza sull’opinione pubblica? Che ruolo possono avere nella cura e nella costruzione dei luoghi? La ricerca artistica, difficilmente, può fornire soluzioni pragmatiche ma può creare e intercettare nuove visioni, che innescano dubbi e prospettano desideri, possibilità.

 Saul Marcadent

D’ARS year 52/nr 212/winter 2012

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