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HPSCHD – L’equilibrio nel caos di John Cage e Lejaren Hiller

Non poteva inaugurare in modo diverso il Live Arts Week festival 2015. Se in questi giorni siete passati al MAMbo di Bologna per cercare risposte sull’identità di Gianni Peng, probabilmente le avete trovate. Live Arts Week si presenta in modo caotico, come un festival che non vuole precludere niente al caso e nel giorno della sua inaugurazione, nella Sala delle Ciminiere del MAMbo, dichiara apertamente le proprie intenzioni, attraverso la rivisitazione dell’opera multisensoriale HPSCHD di John Cage e Lejaren Hiller. Un biglietto da visita che colpisce, impressiona e travolge i sensi. Si presenta come un’opera esageratamente rumorosa e difficile da sostenere, ma ciò che appare invece è una composizione equilibrata, elegante e paradossalmente “pacifica”.

John Cage/Lejaren Hiller (USA), HPSCHD 1969>2015, esecuzione al MAMbo, Live Arts Week festival 2015
John Cage/Lejaren Hiller (USA), HPSCHD 1969>2015, esecuzione al MAMbo, Live Arts Week festival 2015

HPSCHD è un progetto del 1969 che, in occasione del Live Arts Week, viene rivisitato attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie digitali. John Cage e Lejaren Hiller, sono due grandi compositori contemporanei che con il loro lavoro hanno segnato il corso della storia della musica: l’uno attraverso la propria visione rivoluzionaria traccia un solco nell’estetica musicale che demarca un confine netto tra prima e dopo la sua opera; l’altro riconosciuto come pioniere e massimi esponenti della computer music dell’Università dell’Illinois; insieme concretizzano l’opera globale e multisensoriale HPSCHD, un progetto riconosciuto come tra i più significativi del XX secolo. Il genio creativo di Cage negli anni ’60 ricerca il potenziale offerto dal computer per realizzare ciò, che altrimenti non sarebbe riuscito a comporre.

John Cage/Lejaren Hiller,, HPSCHD 1969>2015, esecuzione al MAMbo, Live Arts Week festival 2015
John Cage/Lejaren Hiller,, HPSCHD 1969>2015, esecuzione al MAMbo, Live Arts Week festival 2015

Come nasce HPSCHD? Ci sono diversi elementi da considerare per raccontare questa opera. Il primo è il titolo: HPSCHD, che indica la contrazione della parola inglese harpsichord = clavicembalo. Cage riceve diverse richieste di collaborazione per realizzare opere per clavincembalo, ma a lui questo strumento non piace, trova il suo timbro sgradevole e meccanico. Allora perchè creare un’opera per questo strumento?

 John Cage/Lejaren Hiller,, HPSCHD 1969>2015, esecuzione al MAMbo, Live Arts Week festival 2015
John Cage/Lejaren Hiller,, HPSCHD 1969>2015, veduta allestimento al MAMbo, Live Arts Week festival 2015

Nel corso della sua vita John Cage si avvicina alla filosofia Zen, in particolare rimane colpito dal libro dei mutamenti: “I-Ching”. Attraverso questi principi la sua musica abbraccia gli elementi aleatori di tale cultura e in base a questi, riconsidera il ruolo del compositore e del valore della composizione stessa. La musica per Cage diviene un mezzo attraverso il quale vivere la vita e l’unico modo per farlo per lui, è il rapportarsi ad essa senza condizionamenti emotivi e culturali. Il compositore perciò deve annullare il desiderio di trasmettere emozione, di identificarsi nella sua opera e di esprimersi attraverso di essa. Per attuare questi principi Cage utilizza l’I-Ching e i vari stratagemmi proposti da questo testo per eliminare qualsiasi logica compositiva e lasciare così che la composizione nasca liberamente, senza condizionamenti mentali.

Oltre alla procedura dell’I-Ching, John Cage e Lejaren Hiller per la composizione dell’opera HPSCHD si ispirano anche alla Musikalisches Würfelspiel di Mozart, in inglese Dice Game (gioco dei dadi): un metodo che consente di comporre musica in maniera casuale utilizzando il lancio dei dadi. Lejaren Hiller e il suo staff elaborano un software, Dice Game appunto, in grado di gestire questo sistema compositivo applicabile ad elevate quantità di calcoli. Grazie a questo software Cage crea le partiture dei clavicembali, ovvero gli strumenti che rappresentano la sezione musicale acustica dell’opera.

Per la parte musicale di sintesi digitale, Hiller sviluppa un altro software HPSCHD, capace di elaborare un ampio numero di altezze vicine alle sonorità del clavicembalo. Questa sezione viene registrata e poi riprodotta durante la performance da un’orchestra composta da nastri magnetici, ciascuno dei quali è collegato ad un diffusore.
L’organico dell’opera varia in base alle esigenze sceniche, così come la durata della performance, che può arrivare anche a diverse ore, purchè si rispetti l’unità di misura di 20 minuti e dei suoi multipli. Il tempo della sezione è calcolata dai due compositori come unità minima di base, quindi non sezionabile.

John Cage/Lejaren Hiller, HPSCHD 1969>2015, veduta allestimento al MAMbo, Live Arts Week festival 2015
John Cage/Lejaren Hiller, HPSCHD 1969>2015, veduta allestimento al MAMbo, Live Arts Week festival 2015

L’opera prevede anche una parte visual. Durante la performance vengono impiegate proiezioni fotografiche e video a tema scentifico e di computer grafica. Le proiezioni avvengono su pannelli verticali di plastica e teli trasparenti, il loro scopo è quello di rappresentare i temi legati alla storia dell’evoluzione dell’uomo. Per l’esecuzione di questa opera solitamente vengono impiegati: 7 clavicembali, 208 nastri audio, 59 diffusori, un repertorio visivo di 6.400 diapositive e 40 film.

HPSCHD 1969>2015, cosa rimane oggi di questa opera globale?
I clavicembali al MAMbo sono 5 e vengono posizionati al centro della stanza. Tra gli esecutori c’è anche un ospite d’onore, uno dei musicisti che hanno partecipato alla prima esecuzione dell’opera all’Assembly Hall dell’Università dell’Illinois nel 1969 assieme a John Cage: Philip Corner. Durante la performance gli esecutori entrano ed escono dalla scena. La partitura rispetta quella originale: i clavincembali hanno la partitura composta da Cage, mentre la sezione elettronica è composta dal materiale elaborato da Hiller. Ovviamente la diffusione cambia rispetto al passato: i nastri magnetici lasciano il posto ad un mixer di notevoli dimensioni al quale sono collegati un computer, un DVJ per i live FX e un numero considerevole di diffusori di piccole, medie e grandi dimensioni, distribuiti in diversi punti della sala.

John Cage/Lejaren Hiller (USA), HPSCHD 1969>2015, esecuzione al MAMbo, Live Arts Week festival 2015, foto Riccardo Benassi
John Cage/Lejaren Hiller (USA), HPSCHD 1969>2015, veduta allestimento al MAMbo, Live Arts Week festival 2015, foto Riccardo Benassi

I pannelli di plastica appesi sono presenti come nell’opera originale, così come il telo al centro della stanza richiama quello presente nella performance di Cage e Hiller. Le pareti sono in gran parte ricoperte da proiezioni in formati di diverse dimensioni e inclinazioni. I temi dei video comprendono vari soggetti: bucolici, quotidiani, surreali e astratti. Oltre alle proiezioni, non potevano mancare i supporti digitali, messi in posizioni strategiche nei bordi della sala: smartphone, tablet e lettori multimediali. La composizione video comprende anche monitor ultrapiatti ad alta definizione poggiati su stativi di ferro, a terra oppure appesi alle travi.

John Cage/Lejaren Hiller (USA), HPSCHD 1969>2015, esecuzione al MAMbo, Live Arts Week festival 2015, foto Roberto Fassone
John Cage/Lejaren Hiller (USA), HPSCHD 1969>2015, veduta allestimento al MAMbo, Live Arts Week festival 2015, foto Roberto Fassone

La performance si è svolta in un arco di tempo di 3 ore e tutto l’apparato audiovisuale sarà visitabile presso il MAMbo in forma di installazione per l’intera settimana del festival.
Sarà perchè i tempi sono cambiati o forse perchè oggi siamo immersi in un’opera globale e neanche ce ne rendiamo conto, ad ogni modo Cage nel ’69 aveva già previsto tutto questo e attraverso la sua opera oggi ci ripropone la nostra vita.

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John Cage/Lejaren Hiller, HPSCHD 1969>2015, veduta allestimento al MAMbo, Live Arts Week festival 2015, foto David Horvitz

Dopo un’ora di performance, vagando tra clavincembali e proiezioni, mi sono seduta e ho capito che noi viviamo nel caos. In quella stanza non c’era niente di diverso da quello che possiamo “subire” in una stazione, oppure in un centro commerciale. Perciò, per quanto ci ostiniamo a controllare e organizzare la vita, facciamo sempre e comunque parte del caos, perchè noi siamo il caos. Cage ed Hiller hanno messo insieme in un unico impasto semantico la nostra società culturale e multimediale, in un modo che ancora oggi può essere considerato avanguardia.

Sara Cucchiarini

Repliche fino a domenica 26
Per info: http://www.liveartsweek.it/ita/programma

John Cage/Lejaren Hiller (USA)
HPSCHD 1969>2015
exhibition & sound environment, produzione Xing/Live Arts Week
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