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Palma Bucarelli. Il museo come protagonista

La Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma ha reso omaggio, nel centenario della nascita, a Palma Bucarelli (1910 – 1998), che ne fu direttrice e poi soprintendente dal 1942 al 1975. L’allieva di Adolfo Venturi riuscì ad assegnare un ruolo nuovo all’istituzione museale, perseguendo strategie innovative che la resero referente principale della scena artistica italiana: le affidò, infatti, il diritto di scegliere tra le varie tendenze e di orientare la critica. Ella dichiarava, nel 1963: “Il museo non deve rinunciare al giudizio critico e non deve accettarlo per dato: il giudizio critico deve nascere dal museo, dal fatto stesso che con l’acquisto e l’esposizione di un’opera si riconosce la sua importanza storica e il suo valore come fatto rappresentativo di una situazione di cultura”. (*) La Galleria, deputata in passato, soprattutto alla conservazione dell’arte antica, grazie alla capacità intuitiva della dogaressa o signora di Valle Giulia, come veniva chiamata, si orientò verso l’arte contemporanea promovendola e diventandone arbitro assoluto. Palma Bucarelli, in questo impegno, vissuto con grande slancio, fino a farlo coincidere con la propria vita privata, ebbe vicino due storici eminenti: Lionello Venturi e Giulio Carlo Argan.  “La combinazione di fascino, autorevolezza, mondanità appena velata di scandalo che aveva scelto d’impersonare, le consentiva – che ne fosse più o meno cosciente- di competere con altre donne entrate nel mito dell’arte contemporanea, come Hilla von Rebay e Peggy Guggenheim.” Maria Vittoria Marini Clarelli. (*)

Palma Bucarelli nel suo studio. Foto di Giammarco Roma
Palma Bucarelli nel suo studio. Foto di Giammarco Roma

Palma acquistò, fin dall’inizio del suo mandato, grandi meriti storici per aver trasferito, durante la guerra, le opere d’arte della Galleria a Palazzo Farnese Caprarola (Viterbo), salvandole da bombardamenti e saccheggi. Dopo l’8 settembre 1943, i tedeschi, volgendo in ritirata, arretrarono verso la campagna e Palazzo Farnese non fu più luogo sicuro. Così, la Bucarelli dovette riportare le opere a Roma, ricoverandole, con il permesso del Papa, nella rampa elicoidale di Castel Sant’Angelo: i trasporti avvenivano di notte, con gravi rischi, sotto la sorveglianza della  giovane soprintendente. Ricordando questi avvenimenti, Indro Montanelli paragonò Palma a Brunilde, nel ritratto che fece di lei, nel 1951. La dogaressa è stata la protagonista indiscussa di un periodo storico di grande rilevanza per lo sviluppo della ricerca artistica: si trattava di rinnovare il rapporto tra il museo e la città, tra il museo e il fruitore, definendone la funzione in coerenza con i tempi nuovi, caratterizzati da una favorevole ripresa economica. Per ricostruire, dopo la guerra, un tessuto artistico ed aprirlo ad un contesto internazionale, ella si appoggiò a Lionello Venturi  che iniziò con il presentare, alla Galleria nazionale, una mostra di riproduzioni a colori delle opere più rappresentative del secolo, dagli Impressionisti a Chagall. Il proposito dell’aggiornamento degli artisti e del pubblico entrava in quella dimensione didattica tanto sostenuta dal museo militante della Bucarelli. Nel 1953, organizzò una mostra memorabile: un’antologica di Picasso, a cui seguirono quelle di Mondrian, nel 1956, e di Pollock, nel 1958. Riuscì a far accettare al Ministero acquisti di peso internazionale e ad esporre attraverso accordi culturali, le Avanguardie storiche, Mondrian, Kandinskij, Malevic, Schlemmer e la nuova arte americana, Pollock, Ben Shahn, Rothko. Per gli italiani, le mostre monografiche erano destinate agli artisti scomparsi, così da non influenzare il mercato, mentre numerose erano le collettive organizzate per presentare artisti emergenti e opere di rottura, che provocarono, anche, grandi reazioni di protesta.

La mostra Arte italiana contemporanea, del 1955, fu un risultato di grande successo per la sua linea. Riuscì ad incrementare le donazioni degli artisti e dei collezionisti e il Museo potè acquisire opere di Colla, Capogrossi, Fontana.  Negli anni Sessanta furono predisposti servizi museali più efficienti come il laboratorio di restauro e quello fotografico. Non le mancarono, tuttavia, accuse ed attacchi per aver quasi dimenticato l’Ottocento, per aver dato, soprattutto, appoggio ai pittori astratti, informali, all’arte cinetica, esponendo artisti allora molto discussi come Burri e Manzoni, e per aver sostenuto agli esordi Pascali, Kounellis, Pistoletto. Il Museo si definiva come un laboratorio sperimentale, caratterizzato dall’attività didattica e da manifestazioni interdisciplinari; disponeva di una Biblioteca specializzata nell’Arte contemporanea e di un moderno Centro di documentazione. Anche se l’allestimento delle sale rimase privo di un’idea architettonica nuova, quando andò in pensione, nel 1975, Palma Bucarelli, lasciò una struttura ben organizzata, che raccoglieva le tappe fondamentali dell’arte italiana dal dopoguerra in poi, con importanti testimonianze anche internazionali. La GNAM ha presentato ricostruzioni parziali delle esposizioni che la soprintendente realizzò dal 1944 e una sintesi del riordinamento delle collezioni di arte italiana e internazionale, inclusa l’arte cinetica e programmata. Oltre le videointerviste, documentavano la sua vita, gigantografie, libri, articoli, gioielli e gli abiti da lei donati al Museo Boncompagni Ludovisi. Inoltre, tra le opere di sua proprietà, lasciate come legato al Museo, un particolare valore biografico rivestivano i ritratti, realizzati dagli amici artisti: Levi, Cecchi, Mazzacurati, Turcato, Savinio. Palma stessa così descriveva il ritratto di Savinio: “Il mio ritratto ha una durezza, addirittura concentrata, ma non posso negare che abbia colto una parte del mio carattere, (…). L’accentuazione che ne fa non è certo esteticamente lusinghiera, è però acuta: i capelli sembrano un groviglio di spine, il volto è di rapace, ma è un ritratto estremamente espressivo, magari presago…In quel tempo già cominciavo ad avere esperienza della difficoltà del mio lavoro. A Savinio dicevo degli ostacoli, dei primi attacchi, (…) vedeva anche che ero ben ferma nella volontà di attuare il mio programma (…) gli è piaciuto accentuare un carattere, ma anche una situazione”. (*) 

 (*) Catalogo della Mostra

      Palma Bucarelli – Il Museo come Avanguardia  Electa, 2009

Silvia Venuti

D’ARS year 49/nr 200/winter 2009

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