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Sebastiao Salgado. Genesi

La mostra di Sebastiao Salgado all’Ara Pacis di Roma ha l’impegnativo titolo di “GENESI”; un viaggio planetario che focalizza i punti del mondo che sembrano essere rimasti più lontani dall’uomo e dalla civiltà moderna. Salgado è famoso per la sua serie sui minatori  del Brasile e per uno stile sempre originale che richiama diversi modelli: Cartier Bresson, Weston, e altri maestri dello “sguardo plastico” e dell’accurata inquadratura, della sofisticata rifinitura d’immagine in camera oscura.

Kafue National Park, Zambia, 2010  © Sabastiao Salgado Amazonas Images
Kafue National Park, Zambia, 2010 © Sabastiao Salgado Amazonas Images

Lo scopo è quello di vedere e cercare un modo nuovo di presentare il Pianeta Terra: questa volta non avrei puntato l’obiettivo sull’uomo e sulla sua lotta per la sopravvivenza, ma avrei mostrato piuttosto le meraviglie che rimangono nel nostro pianeta – dichiara Salgado. Il tema delle “meraviglie del pianeta” non è certo nuovo: è sempre stata una delle tematiche  fotografiche più esplorate che hanno creato riviste ad alto consumo come National Geographic e molte altre. La Meraviglia della Natura è inoltre un elemento di valore in crescita con lo svilupparsi delle filosofie ambientali: la natura da difendere, la salvezza che ci viene data dalla sua preservazione è uno degli elementi culturali e politici dei nostri tempi. Ma invece di adeguarsi a queste situazioni, Salgado ribalta l’estetica della bellezza naturale e compie invece una serie di Atti Radicali nel campo dell’immagine.

Il primo, e più evidente, è l’eliminazione del colore. Il colore (generalmente d’obbligo nel rappresentare la “realtà naturale”) è sostituito da un bianco e nero straniato, luccicante, già somigliante a una pelle di iguana o a una lava, come poi si vedrà nella mostra. L’esperienza personale di Salgado, nato in una proprietà terriera (una volta verdissima e poi devastata dallo sfruttamento) lo porta oggi a una forte coscienza ambientalista e a una straordinaria ricostruzione della proprietà attraverso la riforestazione. La volontà di proteggere la Natura è una delle istanze ideologiche più forti di questi anni. Se in passato Salgado ha rappresentato con esasperato pittoricismo la vita del lavoro umano estremo e pericoloso, oggi analizza le altre specie, quelle vegetali, minerali e animali. Credo sia la prima volta che fotografo altre specie animali. Io ho sempre fotografato una sola specie: noi uomini.

Al centro del suo lavoro il mondo animale (diversamente da Edward Weston che analizzava le più semplici forme vegetali con un incanto infantile e sensuale insieme), invece Salgado rappresenta la “Distanza di Contatto” che abbiamo con l’ambiente e gli animali. Questi ultimi non sono mai umanizzati, ci appaiono a una distanza imperscrutabile, dove noi guardiamo con curiosità ed essi ci rispondono con diffidenza invincibile. Ci guarda diffidente il giaguaro mentre si abbevera. Fugge l’elefante, ammaestrato da precedenti incontri. La gigantesca tartaruga si allarma. Troppo lontani per conoscerci, i pinguini continuano invece la loro vita sociale e i loro giochi rituali, tuffandosi dai ghiacciai nelle acque dell’Antartico.

Il concetto di fondo della mostra è il vedere “per la prima volta”, l’unseen dell’esploratore quando entra in territori vergini. E sembra incredibile che la terra, in questo momento di globalizzazione culturale e industriale, conservi ancora dei punti dove la natura è estranea e diversa. Ci sono, nella mostra, anche esseri umani appartenenti a remote regioni della Papuasia o dell’Africa. Ma nelle foto sono simili alle rocce, ai licheni, alle palme, ai leoni marini che definiscono l’iconografia della mostra e ne sono i reali protagonisti. Animali marini mostrano le zanne, i babbuini sono pronti ad attaccarci, le rocce sono ostili, le piante ricoprono irrefrenabilmente la terra.

Isole South Sandwich, 2009 © Sebastiao Salgado Amazonas Images
Isole South Sandwich, 2009 © Sebastiao Salgado Amazonas Images

La Vista (o la Visione) di questa realtà ormai quasi invisibile alla società contemporanea che è la Natura Primordiale, viene ripresa in molti modi insoliti. Susan Sontag parlava di un “Eroismo della Visione” e infatti hanno un’apparenza eroica queste foto riprese da elicotteri, o piccoli aeroplani, altre addirittura da mongolfiere. Tale Visione dall’Alto permette a Salgado di definire le linee che innervano il mondo, i movimenti dei fiumi che lo disegnano, le foreste che lo popolano. L’immagine estremamente scarnificata di  un bianco e nero singolare evidenzia l’esoscheletro della superficie terrestre. Fiumi, vallate, montagne risultano come ossa emergenti, vene e tendini di un corpo umano in sospensione visiva e in estrema rarefazione segnica. Al tempo del successo internazionale delle sue famose foto dei minatori immersi nel fango, molti avevano criticato l’eccesso di pittoricismo e di plasticismo di tali immagini, piene di corpi da dannati michelangioleschi. Invece è proprio l’estremo, teso interesse del fotografo per l’inquadratura e soprattutto per la resa cromatica, oggi del bianco e nero, cioè del colore della “superficie” della fotografia, a creare la particolare sensibilità delle sue immagini, una sensibilità irrealistica che sottrae il suo lavoro dall’area del fotogiornalismo (di cui a Roma si era vista poco prima l’annuale e bella mostra “World Photo”) per collocarlo nel territorio delle arti visive. Il bianco e nero usato è di difficile interpretazione. Com’è ottenuto? Grafizzato, sgranato, lucente il suo bianco e nero somma la decisione tagliente della foto di Rodtchenko  all’estremo peso plastico della foto di Cartier Bresson. Il mistero tecnico di questa opposizione cromatica translucida e inquietante potrebbe far pensare a un passaggio attraverso il digitale – se non fossimo a conoscenza della fedeltà dell’autore all’analogico. Il risultato più significativo e affascinante di questa strategia visiva e materica è la straordinaria innovazione della visione del mondo animale e vegetale che è il centro reale del lavoro. In un film indimenticabile del regista spagnolo Amenàbar, “The Others”, il classico rapporto fra il mondo dei morti che si rivela al mondo dei vivi si rovescia nel suo contrario. E’ il mondo dei vivi che si rivela al mondo dei morti. Nello stesso modo i mondi animali e vegetali si affacciano con la loro violenta estraneità al mondo degli uomini. Colonie gigantesche (750.000 mila coppie) di pinguini si affollano su blocchi di ghiaccio, enormi code imponenti balene emergono dal mare, piante ancora più gigantesche si estendono su intere isole. La luce che li rivela è la luce dell’alba (l’alba della Genesi naturalmente) ma anche la luce del Caravaggio, livida e tagliente, che rivela le cose nella loro verità estrema. Emblematica della mostra è la gigantesca foto della zampa di un’iguana acquatica, estranea, straniante e pericolosa. Quasi una sfida della natura all’assetto umano del pianeta.

Lorenzo Taiuti
D’ARS year 53/nr 215/autumn 2013 (articolo completo in italiano)

 

Sebastiao Salgado gives his exhibition at the Ara Pacis in Rome the audacious title of GENESIS; a planetary voyage focusing on the corners of the Earth that have remained most distant from man and modern civilisation. Salgado is famous for his series on the Brazilian Miners and for his original style, which evokes the works of Cartier Bressson, Weston and other masters famous for the “plasticism” of their shots; their attention to minute details and their sophisticated and stylised black and white photography.
The aim is to seek and discover a new way of presenting Planet Earth: this time I have not directed my camera at man and his fight for survival; but rather, I have broadcasted the marvels that remain on our planet declares Salgado. The theme of “marvels on Earth” is certainly not new; it has been widely explored and exploited, spurring the creation of popular reviews such as the National Geographic, amongst others. The Wonders of Nature is also a concept which has grown in value with the development of environmental awareness. Defending nature and the salvation that is granted to us through its preservation is one of the most prominent political and cultural notion of our times. But instead of conforming to these situations, Salgado overturns the traditional aesthetic of natural beauty with a series of Radical Acts.

(abstract dell’articolo in inglese)

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