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The Enlightenment: note di luce dei Quiet Ensemble

Una leggera coltre di fumo accoglie i visitatori giunti a Bologna per la prima nazionale dello spettacolo The Enlightenment, presentato al roBOt07 Festival dai Quiet Ensemble (Fabio Di Salvo e Bernardo Vercelli). La stanza dove si sta per svolgere la performance è accanto alla scalinata che costeggia l’atrio di uno degli edifici medievali più affascinanti della città, Palazzo Re Enzo. Varcata la soglia, ci muoviamo incantati da questo paesaggio surreale, composto da un corridoio di luci posizionato al centro della stanza. Le lampade presenti sono di ogni genere: luci stroboscopiche, tubi di neon, lampade ad incandescenza e fari teatrali. Questi oggetti immobili, come degli esecutori alle prime armi, attendono che tutti prendano posto. Disorientati, cerchiamo di capire quale può essere la posizione migliore per questo “concerto di luci”. Pochi minuti ancora…e siamo pronti per iniziare.
Non so cosa colpisca di più, se vedere il primo suono o ascoltare la prima luce, so solo che ad un certo punto mi sono persa dentro al quel corridoio.

Set di The Enlightenment dei Quiet Ensemble al RoBOt Festival, 2014
Set di The Enlightenment dei Quiet Ensemble al RoBOt Festival, 2014

Fabio Di Salvo e Bernardo Vercelli si muovono a piccoli passi nella grande matassa di fili poggiata sul pavimento e, con interventi sporadici e ben calibrati, preparano il susseguirsi delle varie scene. Il set-up è “orchestrale”, formato da lampade che prendono il posto degli strumenti reali. Ogni tipo di lampada ha un suono proprio, costituito dall’amplificazione della propria “ronza”, quel rumorìo di disturbo che solitamente viene eliminato durante i concerti di musica classica, generato dall’energia elettrica che alimenta ogni singolo faro. Le frequenze che emettono le luci si sentono sotto pelle e variano in base alla dimensione ed al tipo d’illuminazione del tipo di lampada.

Performance The Enlightenment dei Quiet Ensemble al RoBOt Festival, 2014
Performance The Enlightenment dei Quiet Ensemble al RoBOt Festival, 2014

Quello che abbiamo ascoltato in quella stanza è un “concerto invisibile”: visibile agli occhi, ma, senza l’intervento dei Quiet Ensemble, “invisibile” all’orecchio. Ogni luce nel concerto esteriorizza la sua frequenza sonora, si spoglia ai nostri occhi del proprio suono e ce lo dona. The Enlightenment è in sintesi la presentazione della materia sonora nascosta dentro ad ogni luce che compone il set e non solo. Lo stupore più grande c’è stato quando, verso la fine dello spettacolo, si è sentito anche il calore: d’un tratto, una decina di fari incandescenti, che inaspettatamente ti ritrovi schierati di fronte, che ti guardano immobili, battono le loro “palpebre” come grandi occhi infuocati, che trasmettono ondate di calore ad ogni sguardo. È stata una delle sensazioni visive più suggestive alle quali abbia mai assistito.

Performance The Enlightenment dei Quiet Ensemble al RoBot Festival, 2014
Performance The Enlightenment dei Quiet Ensemble al RoBot Festival, 2014

Lo spettacolo è allestito in maniera impeccabile. C’è molta maestria dietro alla preparazione della scena. Ora che i Quiet Ensemble hanno definito l’intero sistema, riescono a montare l’intero set-up in una giornata. Ma la difficoltà non risiede solo nel posizionamento delle luci, quanto nel collegamento di queste all’impianto audio. Quiet Ensemble: “Per estrapolare il suono nascosto delle luci utilizziamo una bobina di rame. Ogni lampada ha un proprio sensore che percepisce il suono; quando la lampada irradia la luce, il sensore ne cattura il campo elettromagnetico presente intorno al flusso energetico e il rumore viene trasportato attraverso dei cavi microfonici al computer per poi uscire direttamente dall’impianto audio”.

All’interno di questo processo c’è anche la presenza del computer. Il suo ruolo è funzionale al fatto che regola il susseguirsi dei segnali, secondo una sequenza ritmica preimpostata. Grazie ad esso infatti si può programmare una sequenza digitalizzata, che organizza ritmicamente i vari impulsi audio/luminosi. È inoltre efficace a regolare la natura stessa del segnale audio ricevuto. “Alcuni suonimi spiegano i Quiet Ensemble  sono armonizzati, nel senso che gli cambiamo frequenza fino a raggiungere un tono dodecafonico. Altri suoni sono semplicemente equalizzati […] altri invece compressi, ma in ogni caso partiamo sempre dal suono dell’elettricità delle lampade”.

Performance The Enlightenment dei Quiet Ensemble al RoBot Festival, 2014
Performance The Enlightenment dei Quiet Ensemble al RoBot Festival, 2014

Solitamente, nella ricerca artistica dei Quiet Ensemble, è la natura ad essere protagonista, mentre in The Enlightenment lo sono degli “oggetti inanimati”, dai quali, per questo motivo, si cerca di manifestare l’energia vitale sopita: “[…] Vengono quindi esaltati il suono inudibile della corrente elettrica e il calore generato dalla luce, creando un universo dove l’energia vitale delle cose diviene palpabile e avvolge il pubblico”. Questa condizione scenica, dominata dalla presenza di corpi immobili, richiede la partecipazione diretta degli autori, che svolgono il ruolo di tecnici indispensabili per manovrare gli oggetti poggiati a terra o su stativi di ferro, in base alle diverse esigenze sceniche. Il loro movimento è talmente sinuoso e calibrato che fa pensare a delle pose calcolate, ma la realtà è che sono gesti subordinati allo svolgersi dello spettacolo.

I Quiet Ensemble si presentano come autori di un “concerto invisibile”, definizione che, a primo impatto, è paradossale per un “concerto di luci”. Allora dov’è che può trovare un significato consono questa definizione? Quella dei Quiet Ensemble è prima di tutto una ricerca raffinata che va oltre il significato delle cose. Ciò che per loro è invisibile in The Enlightenment è il suono, ovvero ciò che noi, guardando una luce, solitamente non riusciamo a percepire. I “concerti invisibili” per i Quiet Ensemble sono quindi “tutti quegli eventi meravigliosi che esistono in natura e che vengono facilmente ignorati”. La loro ricerca, dunque, “porta alla luce” queste esperienze e, in questo caso, è proprio attraverso la luce che pongono “nelle cose la giusta attenzione, soprattutto in quelle più piccole”.

Sara Cucchiarini

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