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L’America secondo Wim Wenders a Villa Panza

Ci sono luoghi che sono custodi di incontri speciali. Villa Menafoglio Litta Panza, a Varese, è uno di questi. Qui il conte Giuseppe Panza di Biumo, tra i più importanti collezionisti d’arte del secondo Novecento, soprattutto dei fermenti artistici d’oltreoceano, visse buona parte della sua vita, facendone la sede eletta della sua straordinaria collezione, accostando ad arredi e cimeli dell’antichità le opere e gli interventi site specific di artisti come Dan Flavin, James Turrell e Robert Irwin e dando così vita a un prezioso dialogo tra cultura europea e americana.

Wim Wenders. 'Safeway', Corpus Christie, Texas © for the reproduced works and texts by Wim Wenders: Wim Wenders/Wenders Images/Verlag der Autoren, 1983
Wim Wenders. ‘Safeway’, Corpus Christie, Texas © for the reproduced works and texts by Wim Wenders: Wim Wenders/Wenders Images/Verlag der Autoren, 1983

Ora, le settecentesche sale di Villa Panza, oggi bene del FAI – Fondo Ambiente Italiano, ospitano fino al 29 marzo 2015 un inedito progetto espositivo: Wim Wenders. AMERICA, composto da trentaquattro fotografie realizzate dal celebre cineasta tedesco lungo il continente americano tra il 1978 e il 2003. Allestiti al piano terra, al primo piano e nella Scuderia della Villa, gli scatti di Wenders risaltano in tutta la loro potenza evocativa, offrendo una singolare lettura di quella terra che tanto affascinò Panza di Biumo con le sue “suggestioni, energie, situazioni nuove”.

Wim Wenders, ‘Entire Family', Las Vegas, New Mexico © for the reproduced works and texts by Wim Wenders: Wim Wenders/Wenders Images/Verlag der Autoren, 1983
Wim Wenders, ‘Entire Family’, Las Vegas, New Mexico © for the reproduced works and texts by Wim Wenders: Wim Wenders/Wenders Images/Verlag der Autoren, 1983

Sebbene sia maggiormente noto per la sua lodevole carriera cinematografica, da sempre Wim Wenders svolge in parallelo anche l’attività di fotografo, scindendo bene i due ruoli. Infatti, quando è dietro l’obiettivo, Wenders smette completamente i panni del regista per “ascoltare” semplicemente il luogo in cui si trova (“We have to listen to places”). Mosso dal desiderio di carpire il “senso dei luoghi”, Wenders ha girato il mondo con la sua Plaubel Makina, una fotocamera analogica di medio formato, iniziando proprio dall’America, in particolare dall’area a ovest del Mississippi, girata in lungo e in largo per la preparazione del suo film capolavoro Paris, Texas (1984).

Wim Wenders, Western World Development, Near Four Corners, California © for the reproduced works and texts by Wim Wenders: Wim Wenders/Wenders Images/Verlag der Autoren, 1986
Wim Wenders, Western World Development, Near Four Corners, California © for the reproduced works and texts by Wim Wenders: Wim Wenders/Wenders Images/Verlag der Autoren, 1986

Quella di Wenders nel Nuovo Mondo è un’esplorazione a più riprese, dilatata nel tempo e densa di ricordi e impressioni, dal Colorado al Montana, dal Texas all’Arizona, dalla California al New Mexico. Ne nascono fotografie intrise di maestosi vuoti e silente oblio, che proiettano dentro un’America meno edulcorata di quella normalmente assimilata attraverso pellicole e telefilm, miti e muse.
Il West americano è un posto in cui tutto va in pezzi. La gente qui aveva grandi speranze, ma la natura è stata più forte di quanto si aspettasse. La natura non voleva essere conquistata. Ha resistito caparbiamente a qualsiasi tentativo di civilizzazione. Sono parole che la dicono lunga sul modo in cui Wenders scruta questi luoghi carichi di vissuto ma spesso senza più vita, dove le insegne rimaste sono come “capsule temporali di messaggi abbandonati”.

20. Woman in the Window, Los Angeles, California, 1999
Wim Wenders. Woman in the Window, Los Angeles, California © for the reproduced works and texts by Wim Wenders: Wim Wenders/Wenders Images/Verlag der Autoren, 1999

Luoghi, appunto. Perché Wenders non è un ritrattista, ma nemmeno un paesaggista. Il suo obiettivo indugia sulle tracce lasciate dall’uomo, sui residui di sogni ormai sbiaditi dal tempo, che si tratti di una cicca di sigaretta buttata in una strada desolata (‘Safeway’, Corpus Christie, Texas) o di un locale in disuso dove vibra ancora la musica di chi vi ha suonato (Cowboy Bar, Paris, Texas).

Wim Wenders, Joshua and John (behind), Odessa, Texas © for the reproduced works and texts by Wim Wenders: Wim Wenders/Wenders Images/Verlag der Autoren, 1983
Wim Wenders, Joshua and John (behind), Odessa, Texas © for the reproduced works and texts by Wim Wenders: Wim Wenders/Wenders Images/Verlag der Autoren, 1983

Non ci sono molte persone nelle mie fotografie. Di solito aspetto finché se ne sono andate. Non perché mi disinteressi della nostra specie, al contrario! È solo che trovo più stimolante vedere le tracce lasciate dalle persone e lasciare che siano i luoghi a parlare. Sono convinto che strade, case e paesaggi sappiano parlare di noi in maniera molto eloquente. Ci hanno osservato con pazienza. Ci guardano per tutto il tempo… – ha dichiarato l’autore. Per questo, in occasione della presentazione della mostra, Wenders si è augurato che le persone, nel vedere le sue fotografie, possano concedersi del tempo per ascoltare con calma le storie che i luoghi da lui immortalati hanno da raccontare. In realtà, soffermarsi e lasciarsi abbracciare dai suoi scatti viene quasi naturale, non solo perché lo stile di Wenders è sincero e meticoloso (ogni fotoritocco è bandito), ma anche in virtù del formato panoramico di molte delle stampe esposte, che raggiungono spesso la larghezza di quattro metri. Ad accrescere il coinvolgimento, inoltre, concorrono le riflessioni e le impressioni dello stesso autore riportate a latere di ciascuna opera. Resterebbe soltanto da mettersi le cuffie e sentire in sottofondo The Trinity Session dei Cowboy Junkies per entrare in piena empatia con le situazioni raffigurate.

Wim Wenders, Blue Range, Butte, Montana © for the reproduced works and texts by Wim Wenders: Wim Wenders/Wenders Images/Verlag der Autoren, 2000
Wim Wenders, Blue Range, Butte, Montana © for the reproduced works and texts by Wim Wenders: Wim Wenders/Wenders Images/Verlag der Autoren, 2000

Impossibile non scorgere in molti di questi scatti un’assonanza con le atmosfere sospese, cariche di attesa e silenzi, tipiche dei quadri di Edward Hopper, artista che Wenders scoprì nel 1971, in occasione del suo primo viaggio a New York, rimanendone folgorato. Ma accanto a quello di Edward, sulla mostra aleggia anche il ricordo di un altro Hopper: l’“amico americano” cui è dedicato il progetto espositivo. Si tratta dell’attore e regista Dennis Hopper, scomparso nel 2010. La stima di Wenders è palesata da un ritratto dell’attore, accompagnato da un’affettuosa dedica scritta direttamente sulla parete dello scalone che conduce al piano superiore della Villa.

Wim Wenders, Lounge Painting # 1, Gila Bend, Arizona © for the reproduced works and texts by Wim Wenders: Wim Wenders/Wenders Images/Verlag der Autoren. 1983
Wim Wenders, Lounge Painting # 1, Gila Bend, Arizona © for the reproduced works and texts by Wim Wenders: Wim Wenders/Wenders Images/Verlag der Autoren. 1983

Il percorso termina nella Scuderia con un gruppo di cinque enormi stampe dal titolo New York, November 8, 2001, in cui Ground Zero è restituito in tutta la sua devastante e toccante verità: una voragine inondata da un ammasso di fumo e macerie che pare voler inghiottire le ruspe e gli operai al lavoro, mentre tutt’attorno i grattacieli osservano. Sono immagini che esortano al raccoglimento, tramutando il sobrio e circoscritto spazio della Scuderia in una sorta di tempio laico. A Ground Zero Wenders volle recarsi di persona, per vedere con i suoi occhi i resti di quanto accaduto. Nonostante tutta la zona fosse off-limits, riuscì ad accedervi grazie all’appoggio di Joel Meyerowitz, fotografo ufficiale dell’area, che lo fece entrare come suo assistente. Spetta ora a chi varca la soglia della Scuderia di Villa Panza intendere il messaggio colto dall’autore tra quelle rovine.
Oltre a condurci in un peculiare viaggio americano, fatto di smarrimenti sussurrati anziché di successi urlati, Wim Wenders. AMERICA rappresenta un’imperdibile occasione per conoscere meglio un lato poco noto di una mirabile personalità del nostro tempo, che quest’anno si appresta a raggiungere due grandi traguardi: i settant’anni di età e l’Orso d’oro alla carriera nell’ambito del Festival Internazionale del Cinema di Berlino.

Francesca Cogoni

Wim Wenders. AMERICA
Villa e Collezione Panza, Varese
Fino al 29 marzo 2015

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