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Il paradosso dell’organico. Il video di Cosimo Alema’

Un getto d’acqua scende da un rubinetto e scivolando via nello scarico porta forse con sé qualcosa. Acciaio. Freddo d’acciaio. Una stanza asettica, raggelante. Un corpo nudo, livido, immobile su un tavolo d’acciaio. Un corpo morto in una sala autoptica. Una voce fuori campo recita qualcosa, parole che invitano a vivere. Le riprese indugiano sui dettagli del corpo, smembrandolo in frammenti ripetono il gesto inflitto dal bisturi autoptico. Il nostro sguardo partecipa alla violazione prima immaginata e ora sentita nella propria carne. L’identificazione è completa, siamo quel corpo organico violato. La voce fuori campo si spegne. Il corpo morto respira. Respiriamo. Estoy viva. Ma dal rubinetto un gocciolare in progressivo esaurimento continua a ritmare la nostra consapevolezza di sopravvissuti.

REGINA JOSÉ GALINDO ESTOY VIVA_THE EXHIBITION MOVIE directed by COSIMO ALEMA’ from PAC Milano on Vimeo.

Queste le principali sequenze e sensazioni indotte dal video di Cosimo Alemà prodotto quale trait d’union emotivo della retrospettiva Regina José Galindo. Estoy viva in corso al Pac di Milano. Il video, in uno spazio di tempo breve ma interminabile, pare condensare una possibile chiave di lettura della pratica artistica di Regina Josè Galindo. Anche qui, come dalle prime performance, l’artista utilizza il proprio corpo quale strumento espressivo e potente catalizzatore di meccanismi identificativi veicolo di scomode e responsabilizzanti prese di coscienza collettive. Anche qui non si ferma all’esibizione di una corporeità fragile, peribile su cui grava un destino di morte in cui identificarsi, ma ci mostra lo scandalo fisiologico dell’organico come condizione paradossale che ci accomuna in quanto corpi. La morte, infatti, non è esperita come stadio terminale che trascende la vita, ma come immanente all’esistere inteso quale morire progressivo. Il video ci impone di esperire in un corpo morto che respira il paradosso dell’organico, l’inaccettabile coesistenza di vita e morte, l’abbraccio inscindibile tra morte saputa e vita sentita, in cui è il sapere della morte a scandire la pienezza di un vivere consapevole. L’artista porta fino in fondo la nostra presa di coscienza che non può fermarsi alla paralisi rinunciataria che il sapere dell’essere per la morte induce, ma ci costringe a trasformare quella scoperta traumatica in un’occasione di presa di responsabilità nei confronti dell’essere organico che ci intrama, accettando il paradosso dell’esistere come morire progressivo, come il lento gocciolare fino all’estinzione con cui ci lascia il video, affinché continui a essere il sottofondo sonoro che ritma l’impulso vitale dell’organico che siamo. Ed è proprio la commistione vita-morte esperita attraverso l’arte estrema di Regina Josè Galindo che ci permette di sentire di essere vivi nella consapevolezza di essere per la morte, di esperire nella mortalità esibita la vita che pulsa del nostro essere organico che si sa mortale e pretende di vivere: è perché Todos estemos muriendos che Estoy viva.

 

Martina Piumatti

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