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ALLORA&CALZADILLA ARRIVANO IN ITALIA. LA PRIMA E PIU’ ESTESA ANTOLOGIA A LORO DEDICATA

Prima personale assoluta per Allora&Calzadilla, il duo portoricano d’adozione che negli Stati Uniti ha raggiunto il successo confermato ora anche nel nostro paese. L’esposizione, Fault Lines, visibile dal 22 ottobre al 24 novembre, è organizzata dalla Fondazione Nicola Trussardi nel prestigioso Palazzo Cusani di Milano, mai destinato prima a una mostra d’arte contemporanea e rimasto chiuso al pubblico per molti anni.
Nelle sontuose sale del palazzo, Jennifer Allora (Filadelfia, 1974) e Guillermo Calzadilla (L’Avana, 1971) presentano un’imponente selezione di lavori recenti, per lo più inediti in Italia, a fianco a nuove realizzazioni create appositamente per la mostra. Dal loro incontro – a Firenze nel 1995 – a oggi, per i due artisti è stato un susseguirsi di elogi e conferme, messe in luce nelle maggiori gallerie ed esposizioni, dal MoMA di New York alla Biennale di Venezia, dalla Serpentine Gallery di Londra a dOCUMENTA (13) di Kassel.
Fault lines significa letteralmente “linee di faglia”, quelle che si creano tra una massa rocciosa e un’altra: linee ballerine, vacillanti, malferme. Fratture, che associate alle rocce, creano spaesamento, in un gioco di contrasti che meglio di ogni altra immagine evoca la natura eterogenea e in eterna opposizione di tutto ciò che riguarda la materialità, umana e naturale più in genere. È attraverso quest’immagine d’interruzione che il duo di artisti propone l’insieme delle opere che caratterizza l’apparato del loro lavoro. In questo caso le fault lines diventano un lucido spunto per un’indagine sul concetto di confine, da un lato limite, dall’altro incontro: linee fisiche e simboliche che separano ovvero diversificano.

Allora & Calzadilla. Stop, Repair, Prepare: Variations on “Ode to Joy” for a Prepared Piano (2008)
Allora & Calzadilla. Stop, Repair, Prepare: Variations on “Ode to Joy” for a Prepared Piano (2008)

I loro lavori sono quasi sempre istallazioni poggiate su linguaggi ogni volta diversi: dal suono alla fotografia, dal video alla scultura e alla performance, sono percorsi ben delineati attraverso i quali indagare metaforicamente la società, il concetto di nazione, di appartenenza, di democrazia, di potere. Sono chiavi di lettura non svelate, connessioni sottili e allegoriche, che attraverso associazioni apparentemente disgiunte mettono assieme un tappeto di atmosfere riflessive che trattengono poeticamente chi vi partecipa.
Tra le opere in mostra spicca Stop, Repair, Prepare: Variations on “Ode to Joy” for a Prepared Piano (2008), il più noto tra i lavori della coppia di artisti. L’opera consta di un pianoforte Bechstein a coda del primo Novecento, di un esecutore infallibile e di un buco. Un fault hole incredibilmente significativo. Ogni ora il pianista in piedi nel buco al centro del piano, cerca di suonare il quarto movimento della Nona Sinfonia di Beethoven trovandosi dall’altro lato della tastiera e trascinandosi il pesante strumento in giro per la sala.
Altra dirompente performance, questa volta coreografica, è A Resolving door (2011), che fa il verso alle marce e cortei militari (Palazzo Cusani è sede del Comando Militare Esercito Lombardia e della NATO), candidando una riflessione su quanto i gesti unificati e rigidi delle parate possano influenzare la costruzione di un immaginario collettivo nazionale.

Allora & Calzadilla. Raptor’s Rapture (2012)
Allora & Calzadilla. Raptor’s Rapture (2012)

Inoltre, la Sala delle Allegorie accoglie il primo video di una trilogia sul rapporto tra natura, essere umano e suono: Raptor’s Rapture, del 2012. Lungometraggio presentato un anno fa a dOCUMENTA (13) a Kassel. Nel video la musicista Bernadette Käfer suona un flauto di 35.000 di anni fa (il più antico strumento musicale conosciuto), costruito con le ossa di un grifone, in presenza di uno degli esemplari a rischio estinzione. Una pausa ancestrale che è un collante istantaneo tra passato e presente,  tra momento spirituale e caducità materiale. Una sospensione che, come sempre attraverso la musica, allontana le fratture e accomuna l’essenzialità degli esseri. Il secondo della trilogia è Apotome (2013), in anteprima assoluta in Italia. Il video è la documentazione, verrebbe da dire, di una performance musicale il cui protagonista è Tim Storms, l’uomo che ha un’estensione vocale di -0,189Hz, frequenza udibile solo dagli elefanti e che davanti alle carcasse di due di questi mammiferi intona canti accarezzandone malinconicamente i resti esanimi. A chiudere, un video inequivocabilmente intitolato 3, del 2013, che ruota attorno alla Venere di Lespugue, statua paleolitica in avorio di mammut risalente a 25.000 anni fa, raffigurante una figura antropomorfa e ostentatamente steatopigia, qui filmata per la prima volta, le cui forme richiamerebbero la scala musicale diatonica, conosciuta come il modo dorico degli antichi greci. Sulla base di questo canone, il compositore David Lang ha scritto una partitura per l’esecuzione della violoncellista Maya Beiser, trasformando così la statua in spartito tridimensionale.
Nella Sala degli Amorini è poi possibile ammirare Petrified Petrol Pump (2012), una sorta di archeologia fossile industriale: una pompa di benzina corrosa dal tempo.

Allora & Calzadilla, Petrified Petrol Pump (2012)
Allora & Calzadilla, Petrified Petrol Pump (2012)

La forza dirompente di questa mostra sembra essere il suo carattere continuativo e magmatico, stringendo in uno stesso abbraccio temporale leggenda, storia, scienza, arte e natura. L’immersione è avvolgente, totale. Il silenzio è quello di ere che si affacciano l’una sull’altra senza decomporsi realmente, lasciando ben netta la frattura tra archeologia ascetico-naturale e industriale, senza cadere in confortevoli e retorici giudizi. Affidando agli aneliti della simbologia il compito di tracciare metafore di appassionate e coinvolgenti rifrazioni.

Laura Migliano

 

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