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IRVING PENN. RESONANCE

Palazzo Grassi rende omaggio al genio di Irving Penn (1917-2009) con Resonance, una retrospettiva curata da Pierre Apraxine e Matthieu Humery, con 130 fotografie dalla collezione di François Pinault.
Irving Penn è tra i fotografi più influenti e prolifici del ventesimo secolo. Durante una carriera durata più di cinquant’anni ha sperimentato diversi generi, tra cui la moda, il ritratto, lo still life e l’etnografia. L’eleganza e la perfezione compositiva accomunano tutti i suoi scatti, a prescindere dal soggetto rappresentato. Ogni elemento occupa uno spazio preciso all’interno dell’inquadratura, in cui nulla è lasciato al caso, quasi a voler fare della fotografia uno strumento di controllo sul caos del reale. Cura infatti ogni dettaglio, dal momento dello scatto alla camera oscura, recuperando tecniche di stampa dell’Ottocento come la stampa al platino (in mostra ve ne sono 82) che offre una gamma tonale straordinariamente ampia e passaggi delicatissimi soprattutto nelle alte luci.

Black and White Vogue Cover (Jean Patchett), New York, 1950
Copyright © by Condé Nast Publications, Inc.

Lo sfondo è sempre un elemento neutro, volto a focalizzare l’attenzione sul soggetto e sulla geometria compositiva. Permette inoltre di evitare forzature ambientali e sociologiche, facendo in modo che le persone siano ritratte con la stessa dignità a prescindere dalla provenienza geografia o dall’estrazione sociale. È questo il caso delle fotografie etnografiche scattate nella Repubblica di Dahomey (anni ’60), in Nuova Guinea e in Marocco (anni ’60 e ’70), o della serie Small trades, realizzata negli anni ’50 in Francia, Stati Uniti e Inghilterra, in cui ritrae mestieri destinati a scomparire, come quello del venditore di giornali ambulante, dello spazzacamino o dello straccivendolo. È gente comune in abiti da lavoro, descritta senza alcuna retorica.

Truman Capote (1 of 2), New York, 1965 Copyright © by Condé Nast Publications, Inc.
Truman Capote (1 of 2), New York, 1965
Copyright © by Condé Nast Publications, Inc.

Irving Penn è tuttavia più noto per l’eleganza delle sue fotografie di moda e per le pose studiate, ma al contempo semplici, non artificiose. Nel 1943 scatta la prima di 158 copertine per la rivista Vogue, allora diretta da Alexander Liberman: una natura morta a colori in pieno stile modernista. A Roma nel 1944 realizza i primi ritratti in bianco e nero, che continuerà fino alla fine della sua vita immortalando numerosissime icone del ‘900. Sono spesso figure intere, altre volte close-up: Woody Allen è Charlie Chaplin, Picasso è il suo occhio, Miles Davis la mano con cui suona la tromba.

Lion (Front View), Prague, 1986 Copyright © by The Irving Penn Foundation
Lion (Front View), Prague, 1986
Copyright © by The Irving Penn Foundation

Sia le immagini di moda sia i suoi still life ricordano la caducità delle cose: la bellezza non dura per sempre, tutto è destinato a finire. Le sue vanitas, come i memento mori medioevali, sono assemblaggi di crani, ossa e altri oggetti. La fotografia di un camembert che si scoglie appare sospesa nel tempo e la presenza di una formica ricorda la morte, come per Salvador Dalì e i suoi orologi molli. Fotografa i teschi di animali al Museo di Storia Naturale a Praga per la serie del 1986 Cranium Architecture con precisione e rigore quasi scientifico. Anche i mozziconi di sigaretta sono immagini di straordinaria bellezza: con Irving Penn diventano monumento l’effimero, lo scarto, il banale.

Eleonora Roaro 

Irving Penn, Resonance
Palazzo Grassi, Venezia. 13 aprile – 31 dicembre 2014

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