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Odyssey di Robert Wilson

Da ragazzo, mi trovavo in Grecia per la prima volta, quando qualcuno mi portò a vedere un’edizione teatrale dell’Odissea. Davvero non ricordo quanto sia durata veramente, ma mi sembrò interminabile, pesantissima, seriosa. E ricordo di aver pensato: ma deve proprio essere così? Per me dovrebbe essere più lieve.
(Passione e lavoro artigianale: la sfida di allestire i classici oggi – Robert Wilson)

 

Ed è cercando la leggerezza e l’ironia che Robert Wilson mette in scena Odyssey dal testo di Simon Armitage (tratto a sua volta da Omero) con le musiche di Thodoris Ekonomou e i costumi di Yashi Tabassomi. Dopo quattro mesi di tutto esaurito ad Atene, lo spettacolo è approdato a Milano al Piccolo Teatro Strehler dal 3 al 24 aprile. In greco moderno con sottotitoli in italiano, vede in scena 17 attori greci per 24 scene, così come 24 sono i canti dell’Odissea.

Scena di Odyssey di Robert Wilson: Ulisse, Polifemo e i suoi compagni di viaggio
Scena di Odyssey di Robert Wilson: Ulisse, Polifemo e i suoi compagni di viaggio

L’Odissea è il testo simbolico per eccellenza. È il viaggio dell’uomo verso le radici della propria esistenza. Parla del bisogno dell’uomo di conoscere. Ma anche della nostalgia, dell’esilio, del sentimento di perdita, dell’errore.
Il regista sa che far vedere in modo diverso una storia che tutti conoscono non è facile. Le peripezie per mare, le tentazioni delle Sirene, le stregonerie di Circe sono note a tutti. Rileggere i miti significa attualizzarli, creare un ponte tra antico e moderno, portare alla luce nuovi significati e riscoprire cose dimenticate.

Scena da Odyssey di Robert Wilson: Polifemo accecato con l’inganno da Nessuno
Scena da Odyssey di Robert Wilson: Polifemo accecato con l’inganno da Nessuno

Le divinità, gli uomini e i mostri di Robert Wilson appartengono al mondo della favola e della magia. È un mondo fantastico che si rifà ai musical, alle pantomime, alle pose plastiche del teatro Kabuki. La luce bluastra della Grecia trasporta tutto in una dimensione onirica. Wilson dipinge con la luce, pensa con la luce.  La scenografia è maestosa: la testa del Ciclope, la mano, i mobili, la sedia non sono semplici oggetti di scena, sono sculture importanti quanto l’attore. La musica, suonata dal vivo, non è solo un contorno ma parte integrante della drammaturgia. E i personaggi si muovono a ritmo, come delle marionette. I proci sembrano moderni dandy, l’indovino Tiresia, cieco, indossa degli occhiali da sole. Omero, nel preludio, ha i capelli scompigliati e lo sguardo perso nel vuoto. Ma, come da tradizione, inizia a raccontare: L’uomo ricco d’astuzie raccontami, o Musa…. Nell’Epilogo gli dei Atena e Zeus concedono agli amanti Odisseo e Penelope, finalmente ricongiunti, la notte più lunga della loro vita. Il letto, il talamo nuziale, è al centro di ogni cosa, è il punto da cui tutto parte: Quel letto non si sposterà di un passo. Non è un semplice mobile, è scavato nel tronco di un ulivo. Non è stato portato qui dalla bottega di un carpentiere: quel letto pianta ancora le sue radici nel terreno. Questa stanza è stata costruita intorno a quel letto. Quel talamo nuziale è il fondamento dell’intera casa (dal testo di Armitage).

Eleonora Roaro 

Odyssey
Al Piccolo Teatro Strehler di Milano dal 3 al 24 aprile 2013
progetto, regia, scene e luci Robert Wilson
musica Theodoris Ekonomou
testo Simon Armitage da Omero, drammaturgia Wolfgang Wiens

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