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Reperti Arteologici #17 – Morando Morandini: E’ soltanto una moda la politica nel cinema italiano?

“La Palma d’oro del festival di Cannes 1972 assegnata ex-aequo a Il caso Mattei e a La classe operaia va in paradiso ha un valore emblematico: ha premiato un cinema che affronta, indaga, discute i problemi politici, sociali, economici del paese. È quel cinema politico – ma altri preferiscono chiamarlo “civile” – cui fu aperta la strada nel 1969 dal successo eccezionale di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto e che aveva avuto i suoi immediati precedenti in A ciascuno il suo e Il giorno della civetta, entrambi sulla mafia, tratti da racconti del siciliano Leonardo Sciascia.


Non è tutt’oro (politico) quel che riluce, e bisogna distinguere il grano dalla zizzania, la sincerità dalla speculazione, il coraggio vero da quello finto, la volontà politica di denuncia dal calcolo commerciale. Spesso la distinzione non è facile, ma, pur stabilendo la necessaria gerarchia di valori (estetici e/o politici), è un fatto che nell’ultimo triennio è lungo l’elenco dei film italiani in cui si parla di inchieste, confessioni, lettere aperte, processi, istruttorie, polizia, magistratura, Stato, potere, classe operaia, studenti, metallurgici, detenuti in attesa di giudizio.

In un fenomeno così diffuso che – a parte la vitalità aggressiva da critica dell’ultimo cinema nordamericano – non ha alcun riscontro in altri paesi, c’è una parte di moda, c’è l’inevitabile spinta del lucro, ma certi successi hanno dato i loro frutti. Al filone politico – giudiziario hanno contribuito pure registi o disimpegnati o dall’impegno discontinuo: Bolognini (Imputazione d’omicidio per uno studente), Loy (Detenuto in attesa di giudizio), Dino Risi (In nome del popolo italiano), persino un faccendone come Steno che, firmando per la prima volta con il suo vero nome (Stefano Vanzina), ha diretto La polizia ringrazia.

A livello di cinema d’autore, però, i risultati più interessanti sono quelli di tre film che, pur in modi molto diversi, affrontano una tematica di tipo religioso ma che sono egualmente “politici” se è vero che quella della chiesa cattolica, del papa e del Vaticano è una presenza che condiziona la vita pubblica dell’Italia e quella privata dei suoi cittadini. L’udienza di Marco Ferreri; Roma di Fellini, sia pur limitatamente alla grottesca e macabra sfilata di moda ecclesiastica; Nel nome del padre di Marco Bellocchio.” (…)

Estratto dall’articolo “È soltanto una moda la politica nel cinema italiano?” di  Morando Morandini pubblicato su D’ARS n.61/62 anno XIII novembre-dicembre 1972, pag. 162-169

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