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PROGETTI LIQUIDI. GLI ANNI SETTANTA DI FABRIZIO PLESSI

Fondazione Mudima di Milano dedica a Fabrizio Plessi (Reggio Emilia, 1940, qui nel ’77 su D’ARS) una personale curata da Marco Menegozzo che indaga gli anni Settanta, decennio decisivo per l’evoluzione creativa dell’artista.

Fabrizio Plessi, Gabbie d’acqua, 1972, 37x37x37 cm (ciascuna), Scultura oggetto in legno, perspex con un sistema di misura del peso e acqua di 24 colori diversi (monotipo)
Fabrizio Plessi, Gabbie d’acqua, 1972, 37x37x37 cm (ciascuna), Scultura oggetto in legno, perspex con un sistema di misura del peso e acqua di 24 colori diversi (monotipo)

Plessi studia all’Accademia di Belle Arti di Venezia, città lagunare dove forse più che altrove l’acqua è percepita come elemento fondante della vita, tanto che a partire dal 1968 la sua intera ricerca ruota attorno a questo tema. La sua biografica artistica del 1973, composta da duecentocinquanta disegni/fotomontaggi, s’intitola infatti Acquabiografico.
Ogni disegno di Plessi è già un progetto definitivo, che spesso propone azioni impossibili, assurde e inutili, come provare a stringere l’acqua con una chiave inglese (Stringi acqua, 1971). Nella rassegna milanese sono esposte per la prima volte alcune opere su carta intelata, tela emulsionata su legno e su carta millimetrata realizzate tra il 1969 e il 1976 e facenti parte della collezione dello Studio di Nino Soldano.

Fabrizio Plessi, Stringi acqua, 1971, 100x81 cm, grafite e nitro su carta intelata
Fabrizio Plessi, Stringi acqua, 1971, 100×81 cm, grafite e nitro su carta intelata

Plessi evidenzia analogie e contrasti dove meno ci si aspetta. Gabbia d’acqua, esposta alla Biennale di Venezia nel 1972 e proposta per la prima volta a Milano alla Fondazione Mudima, è un paradosso: è una gabbia apparentemente aperta che contiene l’incontenibile, l’acqua – elemento fluido per eccellenza. L’acqua è per Plessi metafora della quantità instabile, informale, incolore. È l’anti-forma, l’anti-struttura per eccellenza: non è mai definitiva ma in continuo divenire. E il video diventa il medium d’elezione dell’artista per la sua capacità di restituire una percezione fredda, fluida e ambigua, analoga a quella dell’elemento acquatico.

Fabrizio Plessi, Environment project , Progetto per Crazy Pool, video installazione in una piscina vuota, 1977

Un esempio di questo processo creativo è la video-installazione Crazy Pool del 1977, esposta nella piscina vuota al piano inferiore della Fondazione Mudima.  All’interno di una canoa di legno vi sono dei monitor, nei quali si agita un mare elettronico. Così scrive l’artista nel progetto di quest’opera: L’unica acqua è virtuale in una piscina vuota di acqua reale. L’uso dei monitor obbliga a una percezione ambigua e a una relazione complessa con l’ambiente. Il video mette in dialogo tra loro immagine, suono, luce e movimento, ma mai per narrare come invece accade nel cinema o nella televisione: è una modalità espressiva sincronica, che suggerisce una percezione delle cose, un’emozione.

Eleonora Roaro

FABRIZIO PLESSI. Gli anni Settanta
Milano, Fondazione Mudima (via Tadino 26)
9 maggio – 28 giugno 2014
Inaugurazione: giovedì 8 maggio, ore 18.30
Orari: lunedì-venerdì, 11.00-13.00; 15.00-19.30
Ingresso libero

 

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