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Transmediale 2017: “Ever Elusive”

Ever Elusive è il titolo della nuova edizione del Festival berlinese, che quest’anno, attraverso mostre, workshop e dibattiti, riflette su temi importanti legati all’egemonia digitale e alle conseguenze sul piano sociale, politico, economico

Nato trent’anni fa come VideoFilmFest dedicato alle produzioni indipendenti e alla video arte, Transmediale è cresciuto nel fermento culturale di Berlino post-caduta del muro, allargandosi ben presto alle forme sperimentali di creazione e di comunicazione legate ai mass media e allo sviluppo tecnologico. Nel tempo questo Festival ha saputo portare avanti un discorso critico di livello internazionale – arricchito da interventi, workshop, panel, pubblicazioni – diventato un punto di riferimento fondamentale per chiunque voglia approcciare il dibattito più recente sulla rivoluzione digitale.

L’edizione in corso, dal titolo Ever Elusive, presenta un programma speciale che si concluderà il 3 marzo con la performance di Laurie Anderson The Language of the Future; il  filo conduttore è la perdita di centralità dell’agency umana a favore di una nozione di «mezzo» come spazio in-between dove la tecnologia ridisegna continuamente i ruoli e i confini a cavallo tra natura e cultura, riplasmando la nostra vita. L’ambiente in cui siamo immersi è fatto di infrastrutture smart, di sistemi ibridi capaci di adattarsi, apprendere ed evolversi in contesti estremamente complessi. L’egemonia digitale colonizza sia la natura che i legami sociali aprendo scenari politici ed economici prima impensabili.

Ever Elusive
Xenopolitics #1: Petro-bodies and Geopolitics of Hormones di aliens in green © Luca Girardini, CC NC-SA 4.0

Come documentato nella mostra principale, Alien Matter (fino al 5 marzo all’Haus der Kulturen der Welt), gli oggetti non esistono più fuori dal soggetto in senso meramente utilitaristico, ma sono profondamente interconnessi e sviluppano forme inedite di agency. Il collettivo francese Aliens in Green presenta Xenopolitics #1: Petro-bodies and Geopolitics of Hormones, un’installazione interattiva tra scienza e fiction speculativa che denuncia le lobby dell’industria chimica e farmaceutica: settori che in nome di valori eco-etero-normativi inquinano e, al contempo, regolano l’ambiente perpetrando una propaganda ideologica di conservazione smentita dai fatti. Gli additivi, i materiali sintetici, le medicine interferiscono sui sistemi ormonali alterando la natura nella sua supposta purezza, finendo per creare continuamente delle sintesi «aliene» in grado di adattarsi ai cambiamenti.

Nel video Recursion di Sascha Pohflepp la definizione di umano è generata da una forma di intelligenza artificiale programmata a comporre un testo sulla base di un vasto archivio di scritti dalle discipline più disparate. Ne scaturisce una narrazione spiazzante che rappresenta il punto di vista di una macchina sull’uomo. Il software DullDream, ideato dall’artista olandese Constant Dullaart, utilizza gli stessi network neuronali artificiali che permettono il riconoscimento delle immagini e dei suoni. A differenza del programma Deep Dream di Google che, dopo aver identificato certi elementi sulla base della forma, li esaspera in varianti allucinatorie e psichedeliche, questa versione “distorta” procede per svuotamento dell’immagine fino ad impedire ogni sua individuazione.

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Predictive Art Bot di Nicolas Maigret and Maria Roszkowska © Luca Girardini, CC NC-SA 4.0

Un simile principio di alterazione ispira il progetto Predictive Art Bot di Nicolas Maigret e Maria Roszkowska, che hanno dato vita a uno specialista in grado di fare predizioni sul mondo dell’arte pubblicandole quotidianamente su Twitter. I suoi discorsi – originati da algoritmi per l’analisi dei dati e delle statistiche sui pattern comportamentali – funzionano in modo quasi parodistico come profezie trans-umaniste che possono liberarci dal mito della creatività e sviluppare nuove idee al posto degli artisti.

L’installazione An Internet di Jeroen van Loon tenta di rappresentare un mondo digitale dove i dati sono effimeri, ossia fatti di fumo. Questa sostanza estremamente volatile passa all’interno di un complesso circuito binario, basato sui collegamenti sottomarini del web realmente esistenti, espellendo le informazioni destinate a dissolversi nell’aria dopo pochi secondi. Tutto ciò può sembrare anacronistico ma, in realtà, ci parla di un futuro prossimo nel quale, a causa della mole di dati in circolazione, non sarà più possibile salvarli o archiviarli. Anche il video Artificial Intelligence For Governance, the Kitty AI di Pinar Yoldas preconizza una società governata da una forma di intelligenza artificiale, il gattino AI in 3D che, dietro un’apparenza innocua, parla dei problemi lasciati irrisolti dalla generazione precedente (il cambiamento climatico, le migrazioni, etc.) e della necessità di un intervento su larga scala non più gestibile dall’uomo che ha, infatti, abdicato.

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Artificial Intelligence for Governance, the Kitty AI di Pinar Yoldas © Luca Girardini, CC NC-SA 4.0

Recuperando il titolo della performance di Laurie Anderson, si tratta allora di rivolgersi al linguaggio stesso: siamo in grado di parlare del futuro oppure continua a mancarci un linguaggio appropriato persino per immaginarlo, non solo per descriverlo? La risposta è un continuo passaggio tra stati off e on, uno scivolamento tra analogico e digitale lungo il quale si articolano narrazioni, significati, possibilità. Anche la mostra collettiva On The Far Side Of The Marchlands, ospitata presso la Schering Stiftung (fino al 26 marzo), si confronta con la dimensione interstiziale. Il termine marchland, infatti – che nel Medioevo indicava delle zone che non appartenevano a nessun regno, una sorta di terra di nessuno –  qui diventa il soggetto di nuove topografie composte da settori incrociati di esperienza, cultura e materialità. Il mondo non è più definibile in senso singolare ma è piuttosto un network in perenne divenire attraverso processi di composizione, decomposizione, assemblaggio, bilanciamento, distorsione.

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Mostra On The Far Side Of The Marchlands © Luca Girardini, CC BY-SA 4.0

Tra i progetti più interessanti, The 3D Additivist Cookbook è un libro di ricette sovversive e sperimentali per la stampa 3D, lanciato a Transmediale e accompagnato da un Manifesto video uscito nel 2015. Morehshin Allahyari e Daniel Rourke hanno invitato artisti, ingegneri, ricercatori, attivisti a riunire ogni sorta d’idee, spunti, bozze, testi, oggetti legati a pratiche additiviste e ibride. Alcuni prodotti sono stati realizzati per la prima volta proprio per essere esposti a Berlino.

Ispirata al formicaio dello zio Milton, un gioco educativo tuttora sul mercato, l’installazione Primitive Borders di Brittany Ransom indaga il potenziale di adattamento di un gruppo di formiche che vivono in strutture geometriche primarie stabilendo gerarchie, confini, alleanze e che finiscono per organizzarsi come una società. L’opera di Cathrine Disney Ecdysis esplora, invece, la mescolanza tra organico e inorganico interrogandosi sul destino dell’umanità: di fronte alla minaccia di estinzione vale la pena insistere nel modificare radicalmente il pianeta o forse dovremmo assumere un atteggiamento opposto abbracciando i cambiamenti sul versante bio-antropologico?

Clara Carpanini

Transmediale 2017: Ever Elusive
Berlino, fino al 3 marzo 2017

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