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Cosa accade ai piedi dei Sette Palazzi Celesti

[da un’intervista a Chiara Bertola curatrice dell’Hangar Bicocca]

Le operazioni culturali più interessanti sono quelle che hanno il coraggio e la volontà profonda di entrare in contatto con il proprio tempo, di non perdersi in disquisizioni autoreferenziali della cultura su se stesa. Chiudere la riflessione in compartimenti stagni e concentrarla su oggetti/soggetti concepiti come conclusi, dati una volta per tutte, è una logica che descrive forme di pensiero già scardinate nel secolo scorso da poetiche e filosofie proiettate in quella che è la cultura “rizomatica” in cui viviamo. In questa direzione Nicolas Bourriaud, critico impegnato nello studio dell’arte che incarna la forma del proprio tempo, ha indicato il passaggio ad un’estetica caratterizzata dalla cooperazione tra gli attori che a tutti i livelli vengono coinvolti nella realizzazione di un processo (processo appunto e non oggetto) artistico; sono l’insieme dei modi d’incontro e d’invenzione di relazioni a rappresentare oggi oggetti estetici suscettibili di essere studiati in quanto tali (N. Bourriaud, 1998). Sistemi aperti, che si configurano spesso come esperienze transitorie, episodi da vivere giorno per giorno, che non pongono più necessariamente domande sul futuro, ma guardano alle urgenze del qui e ora. E che altro non fanno che riflettere la forma precaria, in eterno movimento, fatta di continui inizi e conseguenti oblii che caratterizzano la maggior parte delle attività umane in quella che Zygmunt Bauman, nel parlare della contemporaneità, descrive come vita liquida.

1 Hans Op de Beeck, Staging Silence, 2009, full HD video transferred to Blu-Ray disc, black-and-white, sound 22 minutes (16:9 aspect ratio). Courtesy Galleria Continua, San Gimignano - Beijing - Le Moulin
1 Hans Op de Beeck, Staging Silence, 2009, full HD video transferred to Blu-Ray disc, black-and-white, sound 22 minutes (16:9 aspect ratio). Courtesy Galleria Continua, San Gimignano – Beijing – Le Moulin

A questa serie di riflessioni risponde, in modo concreto e illuminante, Chiara Bertola che con Terre Vulnerabili, stabilisce un programma di quattro mostre per l’Hangar Bicocca di Milano, da ottobre 2010 a giugno 2011. Trenta gli artisti, differenti per età e poetiche, coinvolti in una sfida alle consuetudini di progettazione, realizzazione e fruizione di una mostra. Sfida che coinvolge anche curatore e pubblico e che consiste nella creazione di opere, anzi esposizioni “aperte” in cui il lavoro di ogni artista si fonde e si completa nel lavoro dell’altro, chiedendo al pubblico di seguirne lo sviluppo, di averne cura insieme all’istituzione che le accoglie come si ha cura di un giardino prezioso, quello in questo caso dell’arte e della cultura (strizzando l’occhio magari al ricordo della radice comune tra le due parole cultura e coltura). Lavori collettivi dunque che subiranno modifiche e arricchimenti apportati di volta in volta da un nuovo gruppo di artisti chiamati ad intervenire sui lavori esposti dalla prima all’ultima mostra. In questo modo, come sottolineato dalla curatrice, ogni momento espositivo si configura come unico, irripetibile e diverso rispetto all’altro come le diverse fasi della vita. Altro parallelismo possibile quello con la forma quanto mai attuale delle esperienze nate grazie alla rete, come quelle di scrittura collettiva o di creazione di prodotti Open Source, mai dati una volta per tutte e che proprio nel dialogo tra più individui e nella costante evoluzione, trovano un punto di forza per sopravvivere e poter rispondere ad esigenze sempre nuove.

Impresa inizialmente non facile quella di convincere gli artisti della validità di un nuovo modus operandi finalizzato alla realizzazione di una mostra organica basata sulla condivisione, racconta Chiara Bertola che in questa occasione ha spinto a fondo il proprio concetto di curatela basato sul dialogo serrato e la stretta collaborazione con gli artisti. L’idea di aprirsi al confronto diretto e sul campo con poetiche e individualità altre, ha reso vulnerabili in primo luogo proprio loro, gli artisti. Solo un attimo, poi l’insicurezza data dalla scelta di strade non battute in precedenza si è trasformata per tutti nell’opportunità di trovare nuovi territori fertili in cui far germogliare idee e ipotesi di lavoro, in cui dar vita a nuovi atteggiamenti che dall’arte si trasmettono alla vita e magari, come auspicato dalla curatrice, alle persone. Prediligere dunque un sistema dinamico, spiega Bertola, in cui la vulnerabilità rappresenta il valore positivo da contrapporre all’idea di sicurezza, intesa come modello che ingabbia e definisce una volta per tutte il pensiero precludendo qualsiasi possibilità di mutamento, uccidendo di fatto l’essenza stessa della vita che è fatta di variazioni, contaminazioni e infinite possibilità.

Christiane Löhr, particolare installazione 2010, crine di cavallo, aghi
Christiane Löhr, particolare installazione 2010, crine di cavallo, aghi

La pratica collaborativa inoltre si delinea nelle intenzioni della curatrice anche come strategia di riflessione etica volta alla consapevolezza della responsabilità delle proprie azioni e di riflesso all’impegno nella tutela di quanto oggi appare come vulnerabile, irripetibile e vitale per l’uomo, il suo corpo, la sua cultura e, non ultimo, l’intero ecosistema. Assunzione di responsabilità che si vuole trasmettere ed estendere anche al pubblico, ai fruitori di uno spazio che chiede di essere esplorato con uno sguardo differente nei confronti sia delle opere che del loro incubatore; l’istituzione Hangar Bicocca da concepire come nuova agorà decentrata da vivere non solo nelle tante offerte culturali nelle forme più attuali e internazionali, che spaziano dall’arte, alla musica, dal teatro, agli incontri tematici pensati per approfondire in modo interdisciplinare il tema affrontato dalle mostre; ma anche come luogo da tutelare in quanto risorsa, vulnerabile anch’essa, magari scegliendo di “adottarla”, come suggerito dalla campagna Sei un pezzo di Hangar, una strategia alla quale le istituzioni culturali di alto livello come questa, sempre più spesso devono ricorrere per reagire all’anacronistica la carenza di fondi pubblici, problema imbarazzante e minaccioso al quale far fronte anche partendo dal basso.

Per informazioni su mostre ed eventi in programma all’Hangar Bicocca: www.hangarbicocca.it

Martina Coletti

D’ARS year 50/nr 203/september 2010

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