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Festival del Film di Roma: The Knick

In forma smagliante, il divo Clive Owen ha sfilato sul red carpet del Festival Internazionale del Film di Roma per presentare l’anteprima italiana di The Knick, serie televisiva che sarà su Sky Atlantic il prossimo mese. Dopo aver lavorato per registi del calibro di Alfonso Cuaron (in I figli degli uomini, 2007) e Robert Altman (in Gosford Park), è la volta di Steven Soderbergh che, famoso per la trilogia degli Ocean – per citare una tra le sue creazioni più celebri – ha da poco dato l’annuncio di avere chiuso con il cinema a favore della televisione.

Ambientata ad inizio ‘900, The Knick è una serie televisiva (10×60′) che narra le storie di dottori e infermiere dell’ospedale newyorchese The Knickerbocker hospital (di cui il titolo è il diminutivo), una sorta di E.R. ma cent’anni prima. Una serie in costume che obbliga un richiamo a Boardwalk Empire sia perchè entrambe appartengono alla famiglia HBO, sia perchè entrambe sono state presentate al Festival di Roma (è qui che nel 2010 era stato proiettato l’episodio pilota di Boardwalk Empire, diretto da Martin Scorsese); c’è inoltre l’ambientazione in costume: per la serie con Steve Buscemi sono gli anni ’20, l’epoca del proibizionismo, per quella con Clive Owen si torna indietro di venti anni, quando la macchina a raggi X stava per essere inventata. Pochi contatti, vero, ma che sottolineo perchè utili per guardare all’evoluzione futura della produzione seriale, visto il successo di pubblico che continuano a raccogliere.

Una donna con placenta previa, dei chirurghi che operano a mani nude e sangue, tanto sangue, e vasetti che non bastano a raccoglierlo nonostante le infermiere li accumulino instancabilmente sul carrello: siamo nella sala operatoria del The Knick dove, senza cerimonie, facciamo la conoscenza del personaggio principale, il dottor Thackery (Clive Owen), il pazzo e geniale chirurgo che tiene in piedi la struttura ma che, come si addice al suo personaggio, è anche il tormento di chi amministra la struttura. La scena iniziale serve a distogliere lo sguardo dal pubblico sensibile perchè Soderbergh non lascia nulla all’immaginazione e, come i suoi chirurghi, opera con il bisturi aprendo le immagini e svelando senza pudore il macabro delle operazioni. Crudeltà? Pornografia? Nessuna delle due, ma tutte e due assieme. C’è sempre stata una tendenza alla mostrazione, cresciuta esponenzialmente nel momento in cui i mezzi l’hanno consentito, e qui c’è il banco giusto per poterlo fare perchè la situazione è congeniale. Quale posto migliore per entrare nelle viscere se non un ospedale? Non è la prima serie a farlo, ma risalire all’inizio del ‘900 consente di immaginare uno scenario meno asettico e penetrare nelle menti di chi studiava per superare i limiti fino ad allora conosciuti della scienza medica. C’è un lato del personaggio del dottor Thackery che è più vicino al Faust di Marlow di quanto lo sia ai Mark Green o Doug Ross di E.R. ed è quella fiamma che lo spinge a sapere ad ogni costo, a costo di reggersi in piedi grazie alla cocaina, a costo di perdere il sonno e a costo di andare contro il sistema.

I personaggi che fanno da contorno a Thackery arricchiscono il suo personaggio e addensano il plot, dando spazio alla riflessione sulla corruzione di inizio secolo (le ambulanze che si contendono i pazienti da portare al proprio ospedale), sulla malagestione sanitaria, sui drammi dei quartieri poveri e sul razzismo. Lo scontro più forte è tra Thackery e il chirurgo nero Algernon Edwards (André Holland): per Thackery è impensabile potere lavorare con un nero e sarà solo la fama del sapere che farà cambiare le cose.

Alimentando in maniera costante il plot, questo aspetto, la fama di conoscenza, è uno dei più intriganti della serie perchè riporta ad una classica struttura proppiana del racconto che molta cinematografia contemporanea ha messo da parte. L’eroe è chi, superate determinate prove, affrontati gli ostacoli, riesce a conquistare un nuovo grado di conoscenza compiendo un cambiamento: questo avviene in Thackery ed è quello che conquista e affascina. Soderbergh sa lavorare bene sui plot e la serialità televisiva gli dà una nuova chance o forse è questa la formula narrativa che nella sua classicità conquista ancora pubblico, attraendo anche registi e produttori? La seconda stagione di The Knick è già in produzione. Sine qua non.

Elena Cappelletti

 

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