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Il centro d’arte contemporanea di Punta della Dogana

La Punta della Dogana divide il Canal Grande dal Canale della Giudecca dal 1677, quando Giuseppe Benoni comincia la costruzione della Dogana da Mar, sull’estremità ovest di Dorsoduro, chiamata, per i magazzini che si trovavano in quel luogo, “Punta del Sale”. E’ a quel tempo che viene eretta la torre caratterizzata dal gruppo scultoreo di Bernardo Falcone raffigurante la statua della Fortuna che segue la direzione del vento ruotando su una sfera di bronzo dorato. L’edificio in seguito subisce varie trasformazioni e lavori di restauro durante l’occupazione degli austriaci e nel 1835/38 con l’ampliamento di Alvise Pigazzi.

Sketch, Tadao Ando
Sketch, Tadao Ando

Nel 2006 la Città di Venezia bandisce un concorso per la creazione di un centro d’arte contemporanea a Punta della Dogana, presentano la loro candidatura la Fondazione Solomon R. Guggenheim e Palazzo Grassi. Quest’ultimo il 27 aprile 2007, si aggiudica il concorso con un progetto di Tadao Ando stipulando una convenzione con la città di 33 anni. Il 21 gennaio 2008 cominciano i lavori di restauro che si concludono, in soli quattordici mesi, il 16 marzo 2009. L’ex porto monumentale di Venezia, con la sua forma perfettamente triangolare, viene dunque completamente restaurato e votato a centro d’arte contemporanea, sede permanente delle opere dalla collezione di François Pinault. Apre al pubblico in occasione della 53esima edizione della Biennale di Venezia con la mostra a Punta della Dogana e Palazzo Grassi «Mapping the Studio: Artists from the François Pinault Collection», una selezione di pezzi della collezione, a cura di Alison Gingeras e Francesco Bonami, per raccontare il percorso di ogni opera a partire dalla genesi nello studio dell’artista.

Tadao Ando ha salvato e recuperato con sensibilità e rispetto rigoroso degli spazi e dei materiali originari, un edificio di pregio architettonico e di collocazione strategica, abbandonato da tempo e avviato al degrado. L’intervento del progettista giapponese è riuscito a stabilire un dialogo tra vecchi e nuovi elementi, un legame tra la storia antica della costruzione, il suo presente e il suo futuro. Fin dai primi schizzi progettuali, è evidente l’obiettivo di conservare il caratteristico impianto triangolare dei magazzini disposti trasversalmente tra le rive del Canal Grande e quello della Giudecca.
Lunghi muri perimetrali affacciano all’esterno attraverso venti porte monumentali, comprendendo una superficie di circa 5.000 mq., a 9 metri d’altezza si ergono le Terrazze del Belvedere e la torre della Statua della Fortuna sovrasta l’edificio raggiungendo i 28 metri. Griglie modellate secondo la migliore tradizione dall’artigianato veneziano decorano le alte porte dei fronti acquei, citando quelle di Carlo Scarpa delle Procuratie Vecchie in Piazza San Marco. La struttura interna è divisa in nove navate disposte trasversalmente; gli interventi di restauro, hanno eliminato le superfetazioni successive e gli inserimenti di nuovi setti, scale, percorsi, locali di servizio, appaiono perfettamenente integrati. Le murature in mattoni a vista e le capriate in legno, gli inserimenti in pietra, sono stati recuperati con filologia maniacale. Non un masegno è stato spostato, non un mattone sostituito, non un muro eretto senza subire più di un controllo da parte di sguardi attenti ed esperti. Con profondo rispetto per questo edificio emblematico, tutte le partizioni aggiunte nel corso delle ristrutturazioni precedenti sono state diligentemente rimosse, al fine di ripristinare le forme originali della prima costruzione. Riportando alla luce le pareti in mattoni e le capriate, lo spazio ritrova la propria energia e rimanda a consuetudini marinare. I percorsi e I locali espositivi si dispongono attorno a un ambiente luminoso a pianta quadrata a tutta altezza situato in posizione baricentrica rispetto all’impianto triangolare del complesso. Questa ampia piazza centrale in cemento armato lisciato e lucido – materiale ormai riconosciuto come una cifra stilistica delle costruzioni di Ando – costituisce inoltre un asse ideale dall’ingresso sul fronte prossimo a Santa Maria della Salute.

Il fine del progetto di utilizzare e allestire tutta la superificie dell’edificio è stato raggiunto tramite imponenti lavori di rifondazione del fabbricato per porlo al riparo sia dall’umidità sia dagli affetti delle alte maree. Numerosi sono stati gli interventi di consolidamento strutturale e restauro delle opere in muratura; cunicoli tecnologici e impianti sono stati completamente interrati, la copertura ripristinata e dotata di ampli lucernari. Grazie a un porto provvisorio, l’intera logistica del cantiere è stata eseguita via acqua. Il costo totale delle operazioni di cantiere è stato pari a 20 milioni di euro.

Punta della Dogana, foto aerea
Punta della Dogana, foto aerea

Punta della Dogana prosegue inoltre la tradizione della Serenissima che nel XII Secolo diede alla luce il primo museo occidentale: il Tesoro di San Marco a Palazzo Ducale, che apriva al pubblico una volta all’anno. La storia di Venezia si intreccia con la storia dell’arte: è il racconto di una continua sfida contro il tempo, gli elementi naturali e contro le certezze. In questo evento si fondono, diversi aspetti di quel disegno della città “possibile”, di quella “idea” di Venezia valorizzata che da tempo ci si auspica e che va consolidandosi grazie a istituzionali eccellenti – la Biennale nelle sue articolazioni, la Fondazione Guggenheim, Palazzo Grassi, la Galleria di Ca’ Pesaro, la Bevilacqua La Masa, l’Accademia di Belle Arti, il nuovo Museo Vedova di Renzo Piano – e alla presenza di molti altri interventi firmati dai Maestri dell’architettura contemporanea. Come ha detto nel suo discorso introduttivo l’Amministratore delegato e Direttore di Palazzo Grassi, Monique Veaute, fin dalle prime collezioni storiche, ci si rendeva conto che “l’installazione delle opere incidesse già all’epoca sulla trasformazione dei luoghi, mettendo in luce l’importanza del ruolo dell’architetto, che sta alla collezione come la cornice sta al quadro”. E così, in questa orchestrazione di più voci, Tadao Ando, con grande talento e competenza si è appropriato dei segreti di un edificio abbandonato risvegliandolo da un sonno lungo e triste e restituendolo all’antico splendore; l’Amministrazione comunale e la Soprintendenza hanno collaborato coralmente alla riuscita dell’iniziativa che arricchisce l’offerta culturale e il patrimonio artistico di Venezia e il mecenate François Pinault si è preso la responsabilità di raccogliere in questa città l’eredità di coloro hanno garantito libertà di espressione all’arte del loro tempo.

Elisabetta Kluzer

D’ARS year 49/nr 198/summer 2009

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