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Lettera veryaperta al ministro Dario Franceschini

So che in questo momento sarà sommerso da migliaia di lettere aperte ma non posso fare a meno di esprimere la mia opinione su verybello.it, lanciato la scorsa settimana.
Sono una giovane giornalista emigrata a Berlino con una laurea in economia e gestione dell’arte e, come tanti neolaureati che hanno capito che l’Italia è un paese culturalmente da terzo mondo, per fare ricerca ho dovuto spostarmi, come mia nonna fece nel dopoguerra.

Dal suo tweet si legge “in 6 ore 500.000 accessi a #verybello.it! Come speravamo grande pubblicità da ironie, critiche e cattiverie sul web…#verygrazie!” . Come dice lei la pubblicità che Verybello sta riscuotendo è spinta soltanto da ironie e critiche e i commenti sul sito sono totalmente negativi. Ci sono state innumerevoli rivisitazioni comiche di Verybello a cui lei ha risposto con un sarcastico – Verygrazie – ma onestamente, c’è poco da essere sarcastici perché tutto questo non fa ridere.

twit ironici verybello

Non fa ridere perché vivendo all’estero, quando qualcuno deride l’inglese di Renzi, l’Italia di Berlusconi, della pizza e dei mandolini – e adesso anche di Verybello – , non posso fare altro che provare vergogna in quanto italiana e sono profondamente dispiaciuta perché so che il mio paese non è solo questo.

Non fa ridere perché si tratta di un progetto costato 5 milioni di euro in un paese dove molte famiglie faticano per arrivare alla fine del mese e dove i musei e i luoghi di cultura VERA non sanno più come campare, quindi io mi chiedo: perché vengono spesi 5 milioni di euro per un sito che resterà online 6 mesi? Quanti musei stanno chiudendo, quante realtà non hanno fondi per realizzare interventi interessanti e quanti giovani hanno progetti ma nessuna speranza di ottenere finanziamenti pubblici? Ecco dove sarebbe opportuno spendere questi 5 milioni.

Non fa ridere, anche se il nome – Verybello – sembra uno scherzo. Non parlerò del fatto che il nome della piattaforma sia imbarazzante, che il sito sia lento, che alcune parti dell’Italia nel logo siano tagliate, del fatto che il sito sia pensato per un pubblico internazionale ma sia solo in lingua italiana. Mi limiterei alla mia area di competenza che non è il marketing, il branding o il turismo, ma la cultura e l’arte e so che  in Italia ci sono tanti professionisti con le competenze, l’esperienza e la voglia di comunicare quante realtà di valore ci siano nel nostro paese e quante istituzioni portino avanti progetti degni di nota. Dov’erano queste persone quando la piattaforma è stata creata? Perché non sono state coinvolte? Chi ha selezionato le mostre e gli eventi in calendario? L’Italia che ne risulta è fossilizzata su un passato noioso e già visto, non è l’Italia che sperimenta e innova, non è l’Italia che vogliamo, è la nostra solita girlfriend in a coma[1].

Il suo – Verygrazie – di risposta alle critiche mi riempie di amarezza, perché se si fosse soffermato su questi interventi, forse avrebbe capito che non sono prese in giro fini a se stesse ma voci all’unisono dei tanti professionisti in ambito culturale che non ce la fanno più a lottare per portare un po’ di progresso in questo paese e che vedendo 5 milioni spesi per #verybello.it non possono far altro che sentirsi #veryimbarazzati.

di Laura Casarsa

[1] Documentario realizzato nel 2012 da Bill Emmott e Annalisa Piras e prodotto da Springshot Productions.

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