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Ars Electronica 2013: Use at your own risk

Si è chiusa da poco la mostra Use at your own risk all’interno del festival Ars Electronica 2013. La mostra è curata dall’Interface Cultures Lab, uno spazio di ricerca multidisciplinare fondato e diretto da Christa Sommerer e Laurent Mignonneau, due pionieri dell’arte interattiva, coadiuvati da Martin Kaltenbrunner, co-creatore dello strumento musicale elettronico Reactable.
Interattivi e partecipativi: l’estetica relazionale informa numerosi dei lavori esposti, a partire da Zuerst kommt das Fressen, dann kommt die Moral di Davide Bevilacqua, che ha proposto una performance partecipativa sotto forma di buffet, ispirato dalla cucina molecolare e dall’approccio sperimentale del Do-It-Yourself. Durante l’inaugurazione della mostra il pubblico è stato chiamato a partecipare, cucinando, assaggiando e discutendo le ricette interattive dell’artista friulano.

Davide, Bevilacqua, credit Tom Mesic. foto licenza CC by-nc-nd: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.0/deed.en
Davide, Bevilacqua, credit Tom Mesic.
Foto licenza CC by-nc-nd: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.0/deed.en

Con il cibo gioca anche Nina Mengin, che ripropone sotto forma di scultura interattiva un oggetto tradizionale austriaco, il Suppenbrunzer, e il duo Veronika Krenn/Vesela Mihaylova che ha presentato in una performance la turntable Acidable, in cui la musica è controllata attraverso il gesto di spremere un’arancia e il valore di acidità della stessa.
Il suono come materia: la proposta di Alberto Boem è SculpTon, un’interfaccia musicale malleabile che ricorda un cuore umano, realizzata in lattice ed elettronica. L’artista ha presentato l’oggetto personalmente attraverso una performance, in cui manipolando l’interfaccia ha generato suoni digitali di sintesi vocale.

Alberto Boem, credit-Veronika Krenn and Alberto Boem.  Foto licenza CC by-nc-nd: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.0/deed.en
Alberto Boem, credit-Veronika Krenn and Alberto Boem.
Foto licenza CC by-nc-nd: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.0/deed.en

Per l’installazione Arnulf Reiner for digital performers, Alessio Chierico ha allestito un’orchestra di computer: il direttore legge la partitura del video di Kubelka Arnulf Reiner, gli esecutori in semicerchio mostrano lo sfarfallare dei bianchi e neri di Kubelka su monitor con caratteri differenti. Un lavoro di grosso interesse visivo, che gioca con il linguaggio del digitale e la sua materialità.

Alessio Chierico, credit Florian Voggeneder. Foto licenza CC by-nc-nd: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.0/deed.en
Alessio Chierico, credit Florian Voggeneder. Foto licenza CC by-nc-nd: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.0/deed.en

Anche whoun (a.k.a. Juan Cedenilla) in 240313:bit poems mescola il codice binario a linguaggi artistici tradizionali. L’autore usa le regole del sonetto inglese per comporre poesie digitali in forma di stampe che il pubblico può portar via con sé. Alla perfezione della regola si contrappone la fascinazione per il “moist” e la complessità del vivente. In The dream of flying di Chiara Esposito, un’interfaccia permette ad una pianta di “controllare” una body extension, un piccolo oggetto volante, secondo i valori elettrici interni alla pianta stessa. Attraverso questa protesi meccanica che permette il movimento, la pianta diventa performer. Allo stesso tempo essa è anche un sensore di ciò che avviene nell’ambiente, poiché il suo segnale elettrico interno è influenzato da cambiamenti esterni, come la temperatura o la vicinanza umana, così come accade al nostro battito cardiaco.

Chiara Esposito, credit Tom Mesic. foto licenza CC by-nc-nd: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.0/deed.en
Chiara Esposito, credit Tom Mesic.
foto licenza CC by-nc-nd: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.0/deed.en

Marie Polakova e Veselina Dashinova propongono Micro Pets, una videoinstallazione accessibile tramite un microscopio. Le artiste immaginano che microrganismi come i batteri possano essere un giorno considerati come animali da compagnia e che quindi abbiano il diritto a giocare con i propri giocattoli. Le artiste non escludono la possibilità di riprodurre questo scenario davvero in un laboratorio.
Biologo per formazione, David Gann usa la struttura del genoma come codice visivo e sonoro nel suo lavoro Memories of the future. Il visitatore può creare diverse combinazioni di geni selezionandole su un touchscreen e ascoltare suoni correlati al livello di espressione dei geni. Questi rappresentano la memoria biologica umana e l’artista fa riferimento alle future possibilità di modificazione di questo codice attraverso le biotecnologie.
Il tema dei big data e della loro visualizzazione preoccupa Cesar Escudero Andaluz e Jaak Kaevats. Il primo presenta l’installazione Random readings, in cui immagini di folle riprese nello spazio pubblico da videocamere di sorveglianza sono interpretate non con attraverso moderni algoritmi di face recognition, ma attraverso un codice di 200 anni fa, quello utilizzato dal telegrafo ottico di Chudy. Kaevats analizza la massa di persone in movimento in spazi urbani affollati, congelando in un’unica immagine le immagini anonimizzate di chi li attraversa, e deformandone le sagome in base alla loro velocità.

Cesar Escudero Andaluz, credit Florian Voggeneder. Foto licenza CC by-nc-nd: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.0/deed.en
Cesar Escudero Andaluz, credit Florian Voggeneder. Foto licenza CC by-nc-nd: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.0/deed.en

Lo spazio pubblico è la fonte delle interviste proposte nella videoinstallazione interattiva Think Pink di Isidora Ficovic, nelle quali l’artista domanda a persone incontrate per strada come vorrebbero distruggere un ipotetico desktop. Ficovic accontenta gli intervistati e mette a disposizione un martello come interfaccia per controllare le videointerviste.
Dal pubblico all’intimo. La performance 4th skin di Mihaela Kavdanska richiama le idee di Hundertwasser, che descrive cinque livelli o “pelli” dell’uomo: l’epidermide, i vestiti, la casa, l’identità, la terra. L’autrice lavora sul concetto di quarta pelle, che simbolizza l’esperienza del corpo e della mente che forma l’identità. Due ballerini si esibiscono di fronte a tele bianche, l’artista proietta sui loro corpi un video ripreso in situ in tempo reale. La mostra ci regala due installazioni delicate: Digital HourGlass di Oliver Kellow è una clessidra stilizzata formata da due lampadine a bulbo. La lampadina superiore è accesa, la seconda si accenderà quando la prima sarà fulminata. L’autore descrive il pezzo come un “memento mori”, in cui il passaggio di energia da un bulbo all’altro avverrà in un momento imprevedibile. Ivan Petkov rappresenta un giorno di una vita, A day in a life, con un libro dalle pagine bianche, che sono girate ad una ad una dal vento, la prima all’alba, l’ultima al tramonto.

Isidora Ficovic, credit Tom Mesic. foto licenza CC by-nc-nd: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.0/deed.en
Isidora Ficovic, credit Tom Mesic.
foto licenza CC by-nc-nd: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.0/deed.en

A tuo rischio e pericolo, dunque: il rischio è soprattutto nel metodo artistico e sperimentale utilizzato nella produzione delle opere d’arte. L’arte è un pericolo per la coscienza dello spettatore, un punto di domanda rispetto alle motivazioni e ai modi in cui lo spettatore si relaziona con l’opera.

Lenka Klimešová
Traduzione ed editing Chiara Esposito

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