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“L’altra” Parigi

Le ultime fiere d’arte contemporanea si sono allineate in una direzione squisitamente commerciale che privilegia quel mercato di lusso che non è stato scalfito da credit crunch e sue academic english writing attuali conseguenze. Un’apatia dorata che non si presta a rischi o sperimentazioni di sorta. La pur tradizionalista ville lumière sembra lanciare una sorta di controffensiva che rischia di risvegliare i “piani alti” dal torpore letargico.

Lo scorso 23 aprile Thomas Hirschhorn – artista svizzero classe 1957 naturalizzato parigino – ha aperto al pubblico quella che lui stesso ha scelto di definire una “situazione”. Intervento che si iscrive nella continuità di una strategia d’infiltrazione nella realtà che ci circonda, Flamme eternelle (fiamma eterna) si afferma come uno spazio pubblico in un contesto museale. Oltre 16mila pneumatici delimitano all’interno del Palais de Tokyo una sorta di garage-agora che evoca una zona di resistenza a quanto si oppone alla comunicazione e alla compartecipazione creativa: nell’era dei social network che filtrano i rapporti tra le persone, la sfida di Hirschhorn sta nel creare un gigantesco laboratorio la cui attività ruota sulla dimensione dell’incontro. ll linguaggio formale dell’istituzione cede il passo alla creazione di un vocabolario universalizzante in cui a dominare è lo scotch – materiale feticcio per l’artista che ricorre spesso a elementi “poveri” del quotidiano – che serpeggia ricoprendo ogni oggetto di arredo quasi a sottolineare che si tratta di un work in progress e al tempo stesso di un luogo che non si presta ad alcuna definizione. Perché in effetti nulla è prestabilito, né un evento specifico né un oggetto di indagine: in questo happening-frattale in incessante divenire ogni attività è rimessa al libero dispiegarsi degli eventi. Provocati da alcuni degli oltre 200 artisti, scrittori, filosofi, poeti che Hirschhorn – presente in situ ogni giorno – ha invitato a partecipare all’iniziativa. E se si incappa in un momento di “pausa”? No problem: oltre a un bar con prezzi decisamente modici, lo spazio prevede un’area in cui guardare film in DVD comodamente spaparanzati su divani; una decina di postazioni informatiche per esplorare il progetto (e non solo) sul web; una biblioteca dove consultare liberamente testi relativi alle differenti discipline culturali o sfogliare l’house organ stampato quotidianamente in loco. O ancora si possono trarre spunti di riflessione per futuri dibattiti passeggiando a testa in su per cogliere le scritte che costellano lo spazio e pongono interrogativi aperti del tipo “le nostre vite valgono più di…”, “bisogna avere una perfetta consapevolezza dei propri limiti soprattutto se…”.

Di fronte a un potenziale così vasto in termini di possibilità, chi scrive si è chiesto in quale direzione stesse evolvendo la “situazione”. La risposta accalorata, quasi infastidita di Hirschhorn “La direzione è questa, quella che puoi vedere” lascia però aperto l’interrogativo sull’impatto e i risultati di Flamme Eternelle: mera testimone del continuum dell’attività creativa dell’uomo o caposaldo di un nuovo modo di alimentare e codificare quella fiamma interiore – da qui il titolo altisonante – che spinge l’uomo di ogni epoca a esprimersi? In ogni caso solo a posteriori sarà possibile comprendere se questo terreno di sperimentazione avrà tracciato una nuova pagina della storia dell’arte come ipotizzava il giorno dell’apertura Jean de Loisy, presidente del Palais de Tokyo.    Nella direzione della ricerca di un nuovo approccio al rapporto tra arte e pubblico si iscrive il Musée passager (museo passeggero), un progetto della regione Ile-de-France che si prefigge di superare le barriere – invisibili e non – tra pubblico e istituzione museale. Questo passeggero itinerante negli spazi urbani – tra il 2014 e il 2017 verrà collocato in 25 città dell’Ile-de-France – punta a creare una nuova visibilità alla creazione contemporanea in spazi normalmente non deputati all’arte contemporanea stessa. “L’orizzonte necessario”, il tema scelto per questa prima edizione, fa riferimento al rapporto tra l’arte e le innovazioni digitali e al cambiamento in corso nella società per effetto delle nuove tecnologie. La formula è semplice: un padiglione modulabile di 216 metri quadrati – disegnato dall’architetto Philippe Rizzotti – strutturato in due spazi principali. Il primo, chiuso e più tipicamente a connotazione museale, ospita le opere degli artisti; l’altro, con due aperture sui lati che si affacciano direttamente sullo spazio urbano, accoglie il pubblico e ospita eventi di vario genere: performance, concerti, attività ricreative per bambini.

In connubio con mediatori culturali che organizzano visite guidate per singoli e scolaresche, l’arte contemporanea invita al dialogo e all’incontro interpretando sottilmente un ruolo di miglior attrice non forzatamente protagonista.

Una terza formula di incontro tra arte e pubblico cavalca la dimensione multimediale nella mostra Le mur (il muro) che celebra i dieci anni della Maison Rouge. Oltre 1200 opere facenti parte della collezione del fondatore e presidente Antoine De Galbert sono esposte secondo un accrochage a riempimento grazie all’utilizzo di un programma informatico. Questa logica normalmente discutibile – non foss’altro che per il rischio di perdita di identità dei lavori – trova però la sua giustificazione nella volontà di invitare il visitatore a diventare il cicerone di se stesso. Strutturata su muri privi di didascalie, l’esposizione propone al pubblico di scoprire i dati relativi a ogni singola opera selezionando la relativa icona attraverso una postazione multimediale o un sito a cui accedere tramite il proprio smartphone: il percorso diventa frutto di una scelta che corrisponde al gusto di ogni singolo individuo. All’originalità dell’approccio fanno da contraltare il tempo necessario per la visita e il numero esiguo di schermi digitali a disposizione degli utenti. Una scommessa per svecchiare l’arte che forse necessita di qualche ritocco.

Danilo JON Scotta
D’ARS year 54/nr 218/summer 2014 (articolo completo in italiano)

Immagini della mostra di Thomas Hirschhorn "Flamme éternelle" nell'ambito della stagione L'état du ciel (25.04.14-23.06.2014), Palais de Tokyo © ADAGP, Paris 2014. Photo: André Morin
Immagini della mostra di Thomas Hirschhorn “Flamme éternelle” nell’ambito della stagione L’état du ciel (25.04.14-23.06.2014), Palais de Tokyo © ADAGP, Paris 2014. Photo: André Morin

Recent contemporary art fairs have all undertaken an exquisitely commercial standpoint, benefitting the privileged few who have not been affected by the credit crunch and its disastrous consequences. It is a golden apathy that dares not to risk or experiment. Yet the seemingly traditional Ville Lumière seems to be launching a counterattack that threatens to wake the “higher powers” from their lethargic torpor.

On the 23rd of April, Thomas Hirschhorn – a Swiss artist who lives in Paris, born in 1957- opened to the public something he defined a ‘situation’. It is an intervention that seeks a way to infiltrate the reality that surrounds us: Flamme eternelle (Eternal Flame) is a public space situated in a museum. Over 16 thousand pneumatics delineate the outline of a sort of garage-AGORA inside the Palais de Tokyo, reminiscent of a defensive bastion, which seems very appropriate since it stands in  opposition to creative communication and participation: in this era, where social networks filter and pervade relationships, Hirschhorn’s aim is to create a gigantic laboratory focused on the concept of “the encounter”. (…)

(abstract dell’articolo in inglese)

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