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Oltre la pittura fra trame e tramutamenti

Accade con frequenza che un museo o un luogo deputato all’arte subiscano una significativa trasformazione dal punto di vista estetico e architettonico a seguito dell’intervento  di uno o più artisti, generando effetti spesso inattesi e cortocircuiti percettivi. Emblematica in tal senso è la mostra allestita presso il settecentesco Palazzo Grassi a Venezia (in corso fino al 31 dicembre 2013), la cui totalità dello spazio espositivo è stata concessa per la prima volta al genio creativo di un singolo artista. Tale privilegio – ma anche sfida – è spettato a Rudolf Stingel che, forte della fiducia e della stima del “padrone di casa” François Pinault, ha intrapreso il progetto con piena libertà, dando vita a un’operazione site specific a dir poco sorprendente.

Rudolf Stingel, Untitled, 2009 Oil and enamel on linen 40.6 x 33 cm Pinault Collection Photo: Andy Keate Courtesy of the artist
Rudolf Stingel, Untitled, 2009
Oil and enamel on linen 40.6 x 33 cm Pinault Collection
Photo: Andy Keate Courtesy of the artist

Stingel ha scelto di alterare la fisionomia del prestigioso edificio ricorrendo a un elemento chiave nella sua ricerca, il tappeto, ma elevandone all’ennesima potenza la funzione estetica e metaforica. Lasciandosi ispirare dalla storia e dalla peculiarità del contesto espositivo, infatti, l’artista ha pensato di rivestire i 5000 metri quadrati dello spazio con una moquette stampata con un tipico pattern orientale, che ammanta senza soluzione di continuità pavimento e pareti. A emergere da questo insolito scenario sono oltre trenta dipinti realizzati da Stingel lungo l’intero arco della carriera, tra cui alcuni concepiti appositamente per la mostra.

Fin dai primi anni ‘90 il tappeto assume un ruolo rilevante nella poetica di Stingel, divenendo uno “strumento con cui la pittura si relaziona con il contesto architettonico”, tuttavia il suo utilizzo non è mai stato così pervasivo come in questa occasione. L’installazione pare quasi voler fagocitare il visitatore, accompagnandolo in una vera esperienza fisico-percettiva che interpella non solo la vista, ma anche tatto e udito, date le proprietà fonoassorbenti e la texture del rivestimento.

Inoltre, la reiterazione del pattern, sala dopo sala, induce a estraniarsi dalla realtà, a smarrirsi come in un interminabile dedalo, e al contempo a instaurare un rapporto speciale e intimo con i dipinti, in un percorso che è un invito alla contemplazione e all’introspezione, un “viaggio nella trascendenza dell’Ego”1, come osserva la curatrice Elena Geuna, che ha collaborato con l’artista al progetto espositivo.

Perturbante ed enigmatico, il corpus pittorico in mostra è introdotto da un cupo autoritratto esposto nell’atrio che ben raffigura l’indole riservata e taciturna del pittore. Come in molti altri lavori, Stingel ha adottato in questo dipinto la tecnica pittorica del “fotorealismo”, basata sulla fedele riproduzione di un’immagine fotografica in bianco e nero.  Si prosegue al primo piano con una serie di lavori astratti, tutti caratterizzati da una tonalità argentea, che rimandano alla ricchezza storica e culturale di Venezia, con la sola eccezione di un’imponente e toccante tela che ritrae lo scultore viennese Franz West, a cui Stingel era legato da profonda amicizia.

Rudolf Stingel, Untitled (Franz West), 2011 Installation view at Palazzo Grassi Oil on canvas, 334.3 x 310.5 cm, Pinault Collection Photo: Stefan Altenburger Courtesy of the artist
Rudolf Stingel, Untitled (Franz West), 2011Installation view at Palazzo Grassi
Oil on canvas, 334.3 x 310.5 cm, Pinault Collection Photo: Stefan Altenburger Courtesy of the artist

Al secondo piano, l’astrazione cede il passo alla figurazione, il bianco e nero sostituiscono l’argento e la tecnica del fotorealismo prevale. Qui più che mai, l’elemento del tappeto suggerisce una postura di raccoglimento e preghiera mentre lo sguardo si posa sulla riproduzione pittorica di antiche sculture lignee raffiguranti santi e soggetti religiosi in cui affiorano i concetti di redenzione e purificazione.

Molteplici connessioni sono state colte nel progetto di Stingel a Palazzo Grassi: dalla rievocazione del passato glorioso della Serenissima, tesa verso l’Estremo Oriente, all’influsso della cultura mitteleuropea, con particolare riferimento allo studio colmo di tappeti dove Sigmund Freud riceveva i suoi pazienti a Vienna. Ma oltre che nella ricchezza di riferimenti, il fascino di questo intervento artistico risiede anche nella sua “capacità di cambiare il qui con l’altrove”, come sottolinea Jean-Pierre Criqui che, alludendo alla magia del tappeto volante, scrive a tale proposito: «Chiunque abbia sperimentato le installazioni di Stingel – a partire dalle più estese come al Vanderbilt Hall del Grand Central Terminal a New York nel 2004, o alla Neue Nationalgalerie di Berlino, nel 2010 – ha provato questo effetto di levitazione dal suolo, tanto di scollamento quanto di distacco, che ci trasporta senza spostarci e ci fa sentire spaesati anche se i luoghi in questione ci sono familiari»2. È proprio tale tramutazione del contesto espositivo in uno spazio immersivo e carico di implicazioni simboliche che rende la fruizione di questa mostra un’esplorazione fantastica e misteriosa.

 Francesca Cogoni

D’ARS year 53/nr 214/summer 2013

  1. Geuna E., Venezia, la luna e l’inconscio, in “Rudolf Stingel. Palazzo Grassi 2013”, Mondadori Electa, Milano, 2013, p. 64.
  2. Criqui J.P., Rudolf Stingel. Didascalie, in “Rudolf Stingel. Palazzo Grassi 2013”, Mondadori Electa, Milano, 2013, p. 68.
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