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Beautifully imperfect

Il progetto Beautifully Imperfects (http://beautifullyimperfects.net) è una naturale estensione online di alcune riflessioni sull’evoluzione delle modalità di distribuzione e fruizione di oggetti culturali, compiute a più di dieci anni dalla diffusione delle piattaforme di file-sharing. Una prima occasione di confronto su tali temi è stata offerta da un mio intervento alla conferenza internazionale Video Vortex 4 (Spalato, 2009), gli spunti emersi in tale occasione sono stati in seguito approfonditi nel corso della ricerca sulle forme estetiche del Web che è alla base del mio libro: Web Aesthetics: How Digital Media Affect Culture and Society (2010).

Benjamin Grosser, Self Portrait, 2009
Benjamin Grosser, Self Portrait, 2009

La domanda principale alla quale ho provato a rispondere è stata: in che misura la percezione estetica è condizionata dalla produzione e distribuzione di oggetti culturali attraverso le reti P2P?

Credo che la questione possa essere affrontata da (almeno) due punti vista: in primo luogo, queste pratiche sembrano preludere a nuove forme di esperienza estetica che potremmo definire ‘disturbate’; in aggiunta a ciò è anche possibile osservare che il gusto per l’imperfezione si va diffondendo sempre più ad ampio raggio nel sistema mediale.

È opportuno chiarire che il concetto di esperienza estetica disturbata non è affatto nuovo, si tratta infatti di un fenomeno che affonda le radici nella modernità, ritengo tuttavia più interessante fermare l’attenzione sui caratteri specifici dei disturbi che caratterizzano i materiali scambiati in Rete. Come è noto, per far fronte alla ristrettezza di banda che caratterizza le utenze domestiche, questi oggetti mediali sono compressi attraverso diverse tecniche/software, tutte basate sull’individuazione di un ragionevole compromesso tra qualità e dimensione del file (alla diminuzione del peso informatico corrisponde una minor qualità). Il prezzo del compromesso tra qualità e dimensione del file viene presentato all’utente all’atto della fruizione di quel contenuto scambiato attraverso le reti telematiche, si potrebbe anzi dire che meno l’utente “paga” in termini di tempo impiegato a scaricare un file e più soffrirà, durante la visione, dei disturbi causati dalla perdita dei dati. Oggi ci avviciniamo a rapidi passi ad un futuro prossimo nel quale nuove tecniche di compressione consentiranno di limitare la perdita di dati, oppure, in alternativa, la velocità delle connessioni renderà superflua l’operazione di comprimere un file prima di condividerlo in Internet. Quale sia lo scenario più vicino, esso non si è ancora concretamente realizzato, si continua dunque a fruire di materiali digitali “impuri”, nella consapevolezza dell’inevitabilità, quasi della necessità, di tale imperfezione. A ben vedere, il paesaggio visivo contemporaneo è costituito dai video di YouTube, dai film e dalla musica scaricati nelle reti P2P, dai servizi dei telegiornali di tutto il mondo (che sempre più si avvalgono di operatori freelance piuttosto che di troupe specializzate), dalle video-rivendicazioni dei fondamentalisti islamici trasmesse da Al Jazeera, dalla caduta delle Twin Towers testimoniata dalle telecamere di ignari passanti, dai filmini in ricordo di vacanze in luoghi esotici che impazzano nei network televisivi di tutto il mondo, dalle voyeuristiche riprese dei propri amplessi che finiscono in Rete per la vendetta di un amante deluso, dalle tremolanti immagini prodotte dalle milioni di camere puntate, ormai, su tutto e su tutti. Si tratta quindi di un paesaggio caratterizzato da immagini (e suoni) a bassa risoluzione, un paesaggio disturbato in definitiva ma di gran lunga più aderente alla realtà di quello delineato dalla patinata e artificiosa perfezione dell’industria culturale. Di fronte a tale scenario, l’ipotesi che il progetto Beautifully Imperfects prova a verificare è che la condizione derivante dall’essere immersi per molte ore al giorno in un fluire continuo di esperienze a bassa risoluzione condiziona inevitabilmente il gusto estetico contemporaneo. Si va quindi modellando una nuova sensibilità estetica che predilige la scambiabilità, la velocità, l’immediatezza e il realismo piuttosto che la raffinata perfezione; l’attitudine documentaristica alla fiction; Lumière a Méliès.

Intimidad Romero Family of Folder Old Times
Intimidad Romero Family of Folder Old Times

Prove a sostegno di tale ipotesi sono rinvenibili nei campi della comunicazione più differenti, nel cinema, ad esempio, molti registi (pur avendo i mezzi economici offerti da importanti produzioni) preferiscono utilizzare una DV rispetto alla macchina cinematografica, nel tentativo di produrre immagini più vicine a quelle che, giorno dopo giorno, stanno formando il gusto dell’utente contemporaneo. Giusto per fare alcuni esempi: Collateral (Mann, 2004), Redacted (De Palma, 2007), Cloverfield  (Reeves, 2008). Se ci si sposta dal cinema alla media art non si incontra alcuna difficoltà ad individuare testimonianze emblematiche di questa evoluzione del gusto estetico, si pensi a Decasia (2002) di Morrison, a Delter (2002) di Liu, a Low Resolution Cinema (2005) di Maire o a Unpixelated (2009) di Weberg. Un’ulteriore conferma deriva dall’osservazione dell’emergere nel campo della comunicazione pubblicitaria di una nuova retorica basata proprio sull’“estetica dell’imperfezione”, ad esempio la campagna Imperfect, but you love them  realizzata dall’agenzia Saatchi & Saatchi per la Maryland Cookies, oppure la campagna italiana per il lancio della BMW serie 5, o ancora, spostandosi a Singapore, il commovente elogio dei piccoli difetti che rendono una persona perfetta della campagna ministeriale Beautifully Imperfect.

Navigando il sito Beautifully Imperfects è possibile incontrare queste e molte altre testimonianze, provenienti dalle più varie aree culturali, del progressivo diffondersi del desiderio di irregolarità e di rottura delle simmetrie, quali elementi che caratterizzano lo spirito del tempo e il gusto estetico contemporaneo. Si tratta in definitiva di un contenitore, aperto al contributo di tutti, nel quale raccogliere esempi di prodotti culturali e oggetti mediali ‘beautifully imperfect’.

Vito Campanelli
D’ARS year 52/nr 211/autumn 2012

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