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Magic in the moonlight – L’illusione di Woody

Il 4 dicembre è uscito nelle sale l’ultimo film di Woody Allen, Magic in the moonlight, una commedia romantica e ironica, che fa sorridere e ridere, guardare con nostalgia al passato e riflettere su magia e realtà, inganno e disinganno. Stanley (Colin Firth) è un famoso illusionista inglese che l’amico e collega Howard (Simon McBurney) coinvolge per smascherare la bella Sophie (Emma Stone), una medium che, grazie al suo supposto contatto con l’al di là, starebbe truffando una ricca famiglia francese. Stanley non si lascia intimorire e va in Costa Azzurra, ma l’estrema sicurezza e la sua razionalità vacillerano ben presto.

Magic in the moonlight, Woody Allen (2014)

Puntuale come il Natale è arrivato anche Woody Allen. L’anno scorso ci aveva regalato Blue Jasmine, un dramma dai toni amari sulla scia di lavori come Cassandra’s dream (Sogni e delitti) e Crimes and misdemeanors (Crimini e misfatti), mentre quest’anno ritorna ai toni chiari di Vicky, Cristina Barcelona o di La maledizione dello scorpione di Giada, illuminando le atmosfere con la luce e i colori della Costa Azzurra, giocando con la prestidigitazione e la magia.

Magic in the moonlight
Magic in the moonlight, Woody Allen (2014)

È uno stile già collaudato, quello di Magic in the moonlight: i dialoghi brillanti, la verbosità di alcuni personaggi, gli stacchi netti, le feste eleganti, il piacere del gioco sono elementi che funzionano nella sua commedia, che fanno ridere. Chi conosce la sua instancabile filmografia si divertirà a ritrovare molte citazioni dei suoi lavori passati; tra tutte, ho maggiormente apprezzato quella del planetario: a causa di un guasto alla macchina, Stanley e Sophie sono bloccati in strada durante un temporale estivo e costretti a rifugiarsi dentro un planetario, come succede in Manhattan quando, durante la passeggiata al parco, Isaac e Mary sono costretti ad entrare nel planetario. Le citazioni sono molte e sembra che Allen continui a strizzare l’occhio al suo lavoro, in una sorta di autocompiacimento che mi fa sorridere.

Magic in the moonlight
Magic in the moonlight, Woody Allen (2014)

La magia è il focus del film, un tema ricorrente che, andando a ritroso, si può trovare declinato in Midnight in Paris (il viaggio nel tempo), Scoop (il protagonista è un mago), La maledizione dello scorpione di Giada (ipnosi), La rosa purpurea del Cairo (il cinema, come spazio ipnotico, magico). Spesso i personaggi di Allen si sono trovati a vivere nel mondo magico con risvolti tragici sul reale, con cui alla fine si torna a fare i conti; l’illusione può fare più male della disillusione ma è inevitabile – sembrano ricordarci i film – venire a patti con la cruda realtà ed esserne delusi.

Magic in the moonlight
Magic in the moonlight, Woody Allen (2014)

La variazione sul tema in quest’ultima pellicola mi sembra risolvere il conflitto in maniera differente: all’inzio Stanley crea illusioni attraverso dei trucchi, sapendo che non c’è magia ma solo abilità, convinto che tutto sia controllabile razionalmente; Sophie lo farà ricredere, facendogli intravedere nuove possibilità e, anche se poi scoprirà di essere stato ingannato a sua volta, Stanley decide di lasciarsi andare a quell’illusione per essere un po’ più felice. La magia diventa un’arma per vedere le cose in maniera differente ed essere più aperti e ottimisti. Sebbene non sia un capolavoro e, come detto, molti espedienti siano copia e non variatio di film precedenti, Magic in the moonlight mi ha lasciato con il sorriso, facendo credere che ci possano essere delle alternative. Cosa non da poco, visti i tempi. Ai posteri l’ardua sentenza.

Elena Cappelletti

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