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Nervous Systems – Vita quantificata e questione sociale

Nervous Systems in mostra a Berlino presso la Haus der Kulturen der Welt: venticinque artisti per riflettere sulla fiducia nei metodi di classificazione e controllo dei flussi di dati e sulle inevitabili ripercussioni che queste pratiche possono generare a livello del sistema nervoso.

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!Mediengruppe Bitnik, Delivery for Mr. Assange – Assange’s room, 2014 Mixed-media installation ©!Mediengruppe Bitnik photo: Laura Fiorio / Haus der Kulturen der Welt

La vita quantificata e la questione sociale sono i punti chiave attorno a cui è stata concepita la mostra Nervous Systems a cura di Anselm Franke, Stephanie Hankey e Marek Tuszynski, visitabile fino al 9 maggio presso l’Haus der Kulturen der Welt di Berlino. L’analogia tra il sistema nervoso e i network attraverso i quali circolano dati e informazioni si presta a descrivere questa visione binaria, computazionale, altamente tecnologizzata della dimensione collettiva. La stessa biologia diventa traducibile in quelle forme puramente statistiche che ritroviamo in ogni ambito del quotidiano.

Con una fiducia quasi positivista nelle nuove tecnologie digitali le corporation globali promettono un futuro pieno di smart solution dove le minacce e i disastri saranno previsti grazie alla raccolta massiccia di dati, all’applicazione degli algoritmi come strumenti di analisi e previsione, al riconoscimento di pattern ricorrenti. Garantendo il flusso continuo d’informazioni e la produzione di feedback in tempo reale sarà possibile gestire al meglio ogni aspetto dell’esistenza, dal singolo individuo fino alle crisi internazionali.

Il percorso espositivo di Nervous Systems presenta il lavoro di 25 artisti attraverso un allestimento architettonico che richiama il paradigma epistemologico della modernità con la sua aspirazione alla classificazione e al controllo. Tracciando alcuni paralleli storici con gli esperimenti dell’Arte Concettuale e della Body Art (Vito Acconci, Stephan Willats, Douglas Huebler) si arriva al presente continuo, interpretato e restituito dalle macchine come nel video Robot Readable World (2012) di Timo Arnall.

La visualizzazione astratta e matematica produce un nuovo genere di normatività che abbraccia qualsiasi esperienza. Ma questi paradigmi possono davvero contenere il caos, il disordine, l’immaginario? Qui s’insinua un nervosismo diffuso che destabilizza il sistema e lo costringe a un movimento ininterrotto producendo paranoia, insicurezza, sorveglianza. L’apertura rischia di generare solo minacce, la pattern-analysis funziona per esclusione, la necessità di anticipare diventa un imperativo culturale.

I danzatori dell’Opéra di Parigi che Julien Prévieux ha utilizzato per la performance Pattern of Life (2015) eseguono delle coreografie in setting differenti basandosi su protocolli e risultati scientifici mentre la voce narrante esplicita il contesto politico, economico e militare di ogni passaggio.

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Melanie Gilligan, The Common Sense, 2014, 5-channel video installation (3 chapters) 15 x 6.5 min Edition 5 © Galerie Max Mayer
La mini-serie di fantascienza Common Sense (2014) creata da Melanie Gilligan proietta le trasformazioni del tardo capitalismo digitale nella sfera più intima immaginando un device che permetta di fare esperienza immediata delle sensazioni fisiche ed emotive dell’altro.
Quando il risk management diventa una voce di budget fondamentale, l’installazione Algorithmic Trading Freak Show (2013-14) del collettivo rybn.org parte dalla constatazione che ormai l’80% delle compravendite in borsa sono realizzate automaticamente e mostra gli schemi di alcuni algoritmi che sono stati resi pubblici a seguito della loro inefficacia.
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The White Room, Installation view © Laura Fiorio / Haus der Kulturen der Welt

Nella sezione White Room del Tactical Technology Collective i visitatori vengono accolti in uno spazio che ricorda le sale asettiche delle grandi multinazionali, attrezzato con strumenti di vendita e training. Gli esperti in uniforme bianca guidano lungo un percorso di de-familiarizzazione rispetto alle abitudini e le pratiche di utilizzo delle nuove tecnologie.

I quattro ambiti tematici corrispondo ad altrettanti passaggi cruciali: “the bar” illustra il funzionamento della società quantificata, “something to hide” analizza la costruzione del sé mentre “the big mama” è il nuovo stato concepito per il bene di ciascuno che, in un’ottica di caring, potenzia i processi di tracciamento e riconoscimento appoggiandosi a una sorveglianza burocratizzata; infine, “normal is boring” rappresenta in miniatura il mondo dominato dalle corporation che ormai, in nome del profitto, inglobano i settori più disparati.

Clara Carpanini
Nervous Systems
Haus der Kulturen der Welt, Berlino
Fino al 9 maggio 2016
Artisti coinvolti in mostra e workshop: Vito Acconci, Timo Arnall, Mari Bastashevski, Grégoire Chamayou, Emma Charles, Mike Crane, Arthur Eisenson, Harun Farocki, Charles Gaines, Melanie Gilligan, Goldin+Senneby, Avery F. Gordon, Laurent Grasso, Orit Halpern, Lawrence Abu Hamdan, Ben Hayes, Douglas Huebler, Tung-Hui Hu, On Kawara, Korpys / Löffler, Lawrence Liang, Noortje Marres, !Mediengruppe Bitnik, Henrik Olesen, Matteo Pasquinelli, Julien Prévieux, Jon Rafman, Miljohn Ruperto, RYBN.ORG, Dierk Schmidt, Nishant Shah, Eyal Sivan & Audrey Maurion, Deborah Stratman, Alex Verhaest, Gwenola Wagon & Stéphane Degoutin, Stephen Willats, Mushon Zer-Aviv, Jacob Appelbaum & Ai Weiwei, Aram Bartholl, Tega Brain & Surya Mattu, James Bridle, Julian Oliver & Danja Vasiliev, Veridiana Zurita and contributions by Open Data City, Peng! Collective, Privacy International, Share Lab, Malte Spitz and others.
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