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Prototypology: processi creatvi in mostra

Prototypology – An Index of Process and Mutation è la mostra in corso alla Galleria Gagosian di Roma. Il focus è sui processi creativi e percettivi che portano alla definizione di un’opera

Forte di una cinquantina di opere e di trentuno autori, la mostra affonda in un livello di mixaggio: autori notissimi insieme ad artisti meno conosciuti, opere diversissime fra loro, un rimescolamento di carte che la rende diversa da molte altre collettive, spesso basate sulla volontà di presentare un paesaggio piacevole di opere diverse.

Visione della mostra Prototypology, An Index of Process and Mutation, Gagosian Gallery, Roma
Visione della mostra Prototypology, An Index of Process and Mutation. Photo by: Matteo D’Eletto M3 Studio. Image courtesy Gagosian Gallery

Il titolo Prototypology-An Index of Process and Mutation indica la “zona grigia” in cui si definisce un’idea, in cui il processo di ricerca diventa una mutazione. Il comporsi di forme anonime in forme riscontrabili e immediatamente riconoscibili è la linea sotterranea che percorre l’intera mostra. A volte con messaggi evidenti come quello di Chris Burden che lavora sempre sugli estremi dell’esperienza e in questo caso sulla capacità di un modello di un ponte di sostenere un dato peso. La ricerca dei limiti della realtà fisica sono presenti nel lavoro storico di Burden dagli anni Sessanta/Settanta, quando si faceva sparare un proiettile nel braccio per testare insieme la resistenza del corpo, il suo coraggio, la sua sopportazione del dolore.

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Chris Burden Static Test, #4/10 #2000 Part of The 1/4 Ton Bridge, 1997 – 2000. Photo by: Matteo Chris Burden, D’Eletto M3 Studio. Image courtesy Gagosian Gallery

A volte il rapporto tra forme ha modi enigmatici, come Rachel Whiteread che crea l’ombra dei suoi famosi “calchi architettonici in negativo” sulla fotografia del luogo da cui nasce la forma, oppure Rudolf Stingel che (in una foto) mischia il colore con un “moulinex”, esprimendo quanto meno un sentimento di distacco e ostilità verso il medium tradizionale e la volontà di instaurare un’area di regole aperte.
Caratteristica della mostra è anche il cercare di affiancare e in qualche modo parificare le valenze fra i linguaggi astratti e quelli più rappresentativi o installativi. Allora Claes Oldenburg con i suoi paradossali ampliamenti di oggetti sembra voler travalicare il senso del valore dell’oggetto per farlo diventare altro. Una borsa d’acqua (o simile) diventa un galleggiante di grandi dimensioni, testando così le possibilità degli oggetti a essere modificati, cambiati, resi “altri” secondo la loro collocazione e la loro funzione.

Rudolf Stingel Untitled (Instructions), 1990
Rudolf Stingel Untitled (Instructions), 1990. Photo by: Matteo Chris Burden, D’Eletto M3 Studio. Image courtesy Gagosian Gallery

Dall’”oggetto trovato” dada-surrealista si passa così alla “forma assurda”, il cui senso è la trasformazione in “altro”, ogni forma è il momentaneo aspetto di una mutazione. Questo giustifica praticamente ogni forma e ogni anti forma. Il concetto di “arte espansa” di cui si parla sempre di più, viene esteso a processi completamente diversi se non opposti. Affiancando la “macchina gonfiabile” di Arcangelo Sassolino alle tre scarpe “fatte per una persona con tre gambe”, la ricerca di forma dell’astratto storico David Smith si affianca al progetto urbano per un piccolo padiglione cittadino di Dan Graham, tipico dei suoi lavori minimalisti ma inseriti in una logica della città.

Rubins, Photo by: Matteo Chris Burden
Nancy Rubins Study Model (Monochrome for Paris), 2012, Photo by: Matteo Chris Burden, D’Eletto M3 Studio. Image courtesy Gagosian Gallery

Stimolante e articolata in un percorso molto ricco, la mostra fa emergere il problema della “espansione dell’arte” al di fuori di ogni possibile schema. Ma non si possono non notare alcune carenze che contribuiscono a rendere complessa la lettura dell’esposizione: la scarsità di materiale informativo, la mancanza di una sostanziosa tesi che giustifichi la presenza di mezzo secolo d’arte contemporanea in una sola stanza, l’uso da tempo diffuso di cancellare cartelli e indicazioni per “liberare” l’opera dal suo carattere di oggetto in vendita. Queste esemplificate modalità di presentazione hanno avuto nel passato una loro valenza nel far saltare alcuni limiti nella fruizione dell’arte contemporanea. Ma oggi davanti all’irresistibile espansione del concetto di Arte si risente il bisogno di metodi e teorie delimitanti.

Lorenzo Taiuti

Prototypology – An Index of Process and Mutation
Fino al 2 aprile
Galleria Gagosian, Roma

Artisti: Vladimir Arkhipov, Richard Artschwager, Nina Beier, Will Boone, Mike Bouchet, Chris Burden, Jason Dodge, Aleksandra Domanović, Dan Graham, Loris Gréaud, Michael Heizer, Carsten Höller, Thomas Houseago, Allan McCollum, Takashi Murakami, Albert Oehlen, Claes Oldenburg, Steven Parrino, Giuseppe Penone, Kirsten Pieroth, Ry Rocklen, Nancy Rubins, Arcangelo Sassolino, David Smith, Rudolf Stingel, Robert Therrien, Mungo Thomson, Tatiana Trouvé, Cy Twombly, Rachel Whiteread

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