Uno sguardo da Rebel Rebel la seconda edizione del festival dedicato all’eclettico universo del fanzine ospitato al FRAC-PACA – Fondo d’Arte Contemporanea della regione Provence-Alpes-Côte d’Azur.
Cinquanta gli autori invitati a esporre le loro opere, riviste che circolano attraverso i canali sotterranei della controcultura, indipendenti rispetto alle classiche reti di distribuzioni e svincolati da ogni regola editoriale o costrizione economica
Samuel Etienne, specialista del fanzine punk presta a Rebel Rebel la propria definizione di questo oggetto sfuggente e composito : Un supporto d’arte originale: il termine FANZINE, apparso negli anni ‘30 negli Stati-Uniti tra i dilettanti appassionati di Science-Fiction è la contrazione di FANatic magaZINE, letteralmente “Giornale dei Fans”. Dopo gli anni ‘70 l’estetica è stata fortemente marcata dalla cultura punk e dalla filosofia D.I.Y (do it yourself). Indipendente, auto-editato, a tiraggio limitato, finanziariamente disinteressato e distaccato da ogni considerazione commerciale, l’oggetto ha dunque una vera libertà di forma e di spirito, e permette ai suoi artefici di esprimere una creatività senza limiti.
Se il movimento punk degli anni ‘70 aveva legato l’immagine del fanzine a quella di un magazine fotocopiato, di pessima qualità, semplice e rugoso, i fanzine contemporanei esposti a Rebel Rebel integrano pratiche diverse che permettono l’espressione di un’estetica più articolata.
![La Revue Batarde, "Le compromis", collettivo Indekeuken](https://www.darsmagazine.it/wp-content/uploads/2017/10/le_compromis_overview-e1509360834514.jpg)
Come per La Revue Batarde (La rivista bastarda), aperiodico, senza formato o numero di pagine predefinite, realizzata dal collettivo Indekeuken, che in fiammingo significa “fatto in cucina”. Il collettivo, composto da tre poeti, un fotografo, tre grafici, un artista, una performer e un professore di scuola, invita diversi artisti a inviare il loro contributo su un tema: la cellula, il compromesso, la felicità… La Revue Batarde assembla i punti di vista attraverso una sapiente orchestrazione visiva, testi irregolari che invitano il lettore a capovolgere la pagina, fotografie, immagini trovate intercalate da simboli e parole. Diventato il terreno di gioco degli illustratori del collettivo, il forte carattere grafico della rivista è accentuato dalla tecnica d’impressione scelta, la risographie (risograph), ovvero una stampa realizzata con dei duplicatori digitali: rapida e poco costosa, dai colori fluo e una trama tipica della serigrafia.
![Rebel Rebel festival 2017](https://www.darsmagazine.it/wp-content/uploads/2017/10/Werker2-e1509361995462.jpg)
È proprio la serigrafia la tecnica scelta per la realizzazione del fanzine Pipoo dall’Atelier 17 17 : Pipoo è il racconto della mia vita, di quello che voglio ricordare – spiega l’autore Jean-Pierre Alemao – All’interno ci sono foto personali, mescolate alle immagini dei film che mi hanno segnato, ad articoli e fotografie erotiche… ma le citazioni non sono sempre leggibili. La serigrafia permette di sovrapporre, comporre, sfocare. Ma è anche la lentezza del processo, oltre all’aspetto grafico, che mi hanno fatto scegliere la serigrafia. Una lentezza che prolunga il piacere di restare con l’immagine.
![Xerigrafia da "Pipoo" di Atelier 1717](https://www.darsmagazine.it/wp-content/uploads/2017/10/extrait-pipoo-1-e1509368887250.jpg)
Pipoo ha una tiratura di 15/20 esemplari ed è realizzato su tessuti o su fogli di giornale stropicciati, con immagini visibili solamente al buio e dettagli arricchiti di polvere di vetro. Un fanzine che non ha altra vocazione che il piacere della creazione, il diario intimo e surreale dell’autore stesso, ormai molto lontano dal dilettantismo che caratterizzava la stampa del fanzine dei decenni passati.
Come ricorda Samuel Etienne, fare un fanzine è già, di per sé, un atto politico. L’originalità del fanzine è la totale assenza di regole, estetiche ed editoriali. Questa totale libertà di espressione spinge oggi numerosi artisti ad appropriarsi di questo medium, per la diffusione e la democratizzazione delle proprie opere d’arte.
![Journal d'un Glouglou, pagina da "Insomnie", Atelier 1867](https://www.darsmagazine.it/wp-content/uploads/2017/10/journal_glougloug_insomnie_3-e1509361254530.jpg)
È il caso di Journal d’un Glouglou, realizzato da Atelier 1867. Non più oggetto fine a se stesso, ma supporto per la diffusione e la democratizzazione dell’opera d’arte, questo fanzine è l’oggetto derivato di una serie di incisioni che ricordano le stampe grafiche dell’Espressionismo Tedesco. Giunto al decimo numero, la narrazione si sussegue come su un feuilleton (romanzo a episodi). Ma il rigore grafico non maschera lo spirito libertario del contenuto, che mescola un’acuta critica politico-sociale a uno spiccato gusto dell’assurdo.
![Sandra March, ZINE TO THINK, Biopics tell stories with good-looking people, 2017](https://www.darsmagazine.it/wp-content/uploads/2017/10/a.jpg)
Il fanzine permette di diffondere le mie opere ad un pubblico più vasto – racconta l’artista catalana Sandra March – La differenza principale tra il fanzine e il libro d’artista è il prezzo. Se il libro d’artista presenta un progetto nella sua globalità, il fanzine sarà limitato a un aspetto di esso, a una tematica più ristretta e circoncisa. Il fanzine rientra allora tra gli oggetti derivati di una stessa pratica artistica.
Ma l’ingresso del fanzine nel mondo dell’arte contemporanea non è un fenomeno recente. Esso risale agli anni ‘70 con un artista ormai di culto come Pat McCarthy. Pat ha iniziato il suo primo fanzine, intitolato Born to Kill, mentre percorreva solo, a piedi, gli Stati Uniti. Il fanzine gli apparve allora come il mezzo ideale per raccontare le sue peregrinazioni sotto forma di road stories – racconta Laura Morsch-Kihn, co-direttrice artistica di Rebel Rebel. Da allora, il fanzine è diventato per l’artista traccia di performance, di esperienze, di costruzione di sé e dell’immaginario.
![Pat McCarthy, Born to Kill, copertina #1](https://www.darsmagazine.it/wp-content/uploads/2017/10/PatMcCarthy-Borntokill-Chariot-de-Papier-e1509361582694.jpeg)
Che assuma la forma di carnet de voyage, archivio, diario intimo o di lavoro, il fanzine rappresenta lo spazio di fusione tra arte e vita, mentre per il lettore esso diventa uno strumento di intrusione diretta e clandestina nella sfera privata e intima dell’artista. Born To Kill, che l’artista spacciava a 3$ agli angoli della strada, è oggi venduto come opera nelle gallerie d’arte contemporanea statunitensi.
Il recente acquisto del MOMA (The Museum of Modern Art) di The News Stand, un’istallazione del collettivo 8 ball, conferma questa tendenza. The News Stand è infatti un chiosco a giornali abusivo che per un anno ha invaso le strade di New York vendendo esclusivamente fanzine.
![Le nouvelle esprit du vandalisme, Laura Morsch-Kihn](https://www.darsmagazine.it/wp-content/uploads/2017/10/Lenouvelespritduvandalisme-numero4-e1509361682970.jpg)
Non stupisce allora se Laura Morsch-Kihn utilizza il fanzine come supporto di mostre e critica d’arte. La sua pubblicazione intitolata Le nouvelle esprit du vandalisme (Il nuovo spirito del vandalismo), si conforma all’estetica punk: redatto su una vecchia macchina da scrivere e poi fotocopiato, arricchito di oggetti analogici come fotografie e registrazioni sonore su nastro, ogni numero presenta l’opera di un artista cosicché l’intera collezione diventa una sorta di enciclopedia sperimentale sull’arte contemporanea.
Come rammenta l’autrice stessa, il fanzine de-complessifica e democratizza la logica elitaria dell’editoria, permettendo a chiunque di scrivere e pubblicare ciò che pensa. Esso si pone alla confluenza tra un arte nobile diffusa attraverso le istituzioni museali e un arte popolare che si muove attraverso i circuiti della cultura alternativa.
La diffusione del fanzine negli spazi riservati all’arte contemporanea attraverso eventi dedicati, come il festival Rebel Rebel al FRAC di Marsiglia, è il riconoscimento del suo valore culturale ed artistico. Privo di regole e costrizioni economiche, il fanzine sta attraversando i decenni impregnandosi di volta in volta dell’estetica del suo tempo, diventando cosi un testimone diretto dell’evolvere delle tendenze artistiche della controcultura dal XX Secolo in poi.
Giada Connestari