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Teatro Nucleo presenta Domino. Il Nucleo c’è

Al Totem Arti Festival di Pontelagoscuro ha debuttato Domino, il nuovo lavoro di Teatro Nucleo di Ferrara.

Teatro Nucleo, Domino, 2018. Fotografia Francesca Marra
Teatro Nucleo, Domino, 2018. Fotografia Francesca Marra

Scalda il cuore ritrovare l’ideologia, ritrovarla soprattutto nella sua limpida e inequivocabile chiarezza. Pane al pane e vino al vino, magari il Sangiovese che dalle parti di Ferrara innaffia i sogni per non farli morire. Proprio qui, sotto le rive del Po, scorre ancora buon sangue che, senza paura di essere tacciato d’ingenuità, rimane fedele alla linea gotica. Non quella del sopraddetto fiume, ma quella di una lunga frontiera che parte da Grotowski, passa da Artaud e arriva dritta al Teatro Nucleo: i duri e puri che non si sono piegati al compromesso di gettare il sasso della provocazione (buona per i festival “sponsorizzati”) e nascondere la mano dietro l’artificio dell’estetica.

Teatro Nucleo, Domino, 2018. Fotografia Francesca Marra
Teatro Nucleo, Domino, 2018. Fotografia Francesca Marra

Domino, che, dopo aver fatto capolino al Festival Trasparenze, ha assaggiato (e morso) il pubblico al Totem Arti Festival di Pontelagoscuro, è ancora un work in progress. Ma quando può dirsi finito un lavoro che per essere vivo deve mantenersi in una forza energetica sporcata di imprecisioni, cali di ritmo, ripetizioni o ridondanze? Un po’ di retorica è congenita, le sottolineature di certi modi alla Living Theatre sono obbligatori in questo genere. Ma non possono diventare canone o classicità. Ben venga allora quel “progress” che fa di Domino un lavoro di piazza e di lotta, di contatto sudorifero e urlato con il pubblico. Si potrà citare il modello greco del teatro come agorà politica, o la letteratura dstopica a cui attinge a piene mani (Orwell, Huxley, Atwood) ma anche con la cinematografia non si scherza e sui volti forzatamente sorridenti si stampa l’immagine di Metropolis, 2001 Odissea nello spazio (per il monolito), Schindler’s List (la bambina del finale) o quella di Fahrenheit 451.

Teatro Nucleo, Domino, 2018. Fotografia Francesca Marra
Teatro Nucleo, Domino, 2018. Fotografia Francesca Marra

Natasha Czertok ha le redini della regia, sa l’impatto generato dalla ricerca. Il suo teatro marziale rischia di irrigidirsi nella retorica se non fosse per qualche crepa (evviva le smagliature) poetica, qualche immagine che cede alla golosità tentatrice del teatro, fatto anche di effetti “speciali”. Un po’ di fumo è un peccato veniale, il vento che spazza pagliuzze rosse e d’oro sono piccole concessioni alla prassi politica del teatro.

Teatro Nucleo in Domino, 2018. Fotografia Francesca Marra
Teatro Nucleo in Domino, 2018. Fotografia Francesca Marra

I vitalissimi Annamaria D’Adamo, Daniele Giuliani, Marco Luciano, Martina Pagliucoli, Veronica Ragusa e Chiara Venturini si denudano per dirci come i riti svuotati di contenuti diventino violenza e l’omologazione predicata da Pasolini rischi di passare più banalmente dai videogiochi. Ci piace che la voce sia extradiegetica, metallica e artificiale, fuori campo che determina e ordina. Ci piace anche che il confine tra orgia e liberazione sia tutto nelle mani degli attori. Le musiche martellanti sono di The Busy Bee, Balanescu Quartet, Steve Reich, Alessio Bettoli, Alfonso Santimone. Il copione non esiste ovviamente: le frasi sono slogan, ma in grado di forare le pareti di tanta virtualità social e fare del teatro la premessa politica al dibattito finale, ovviamente innaffiato dal Sangiovese.

Simone Azzoni

Domino è uno Spettacolo di Teatro per gli Spazi Aperti – Produzione Teatro Nucleo 2017/2018  col sostegno di Regione Emilia Romagna e Mibact. Regia Natasha Czertok con Annamaria D’Adamo, Daniele Giuliani, Marco Luciano, Martina Pagliucoli, Veronica Ragusa, Chiara Venturini, Natasha Czertok.  Musiche The Busy Bee, Balanescu Quartet, Steve Reich, Alessio Bettoli, Alfonso Santimone. Scenografie Teatro Nucleo, RedoLab artigiani del riutilizzo, Luca Bernasconi sartoria Chiara Zini inserti video Anne Corporaal. Parte tecnica Alessio Bettoli, Franco Campioni. Foto di scena Daniele Mantovani

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