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TFF32 – “Mange tes morts” vince il Torino Film Festival 2014

Al 32mo Torino Film Festival vince Mange tes morts, capitolo di una saga famigliare che osserva da vicino la famiglia gipsy dei Dorkel e lavora sul tema della custodia delle proprie radici e tradizioni. In carcere per un furto commesso anni prima, Fred torna dalla madre e dai fratellastri Maikel e Jason; assieme a loro e al cugino Moïse, quella stessa notte Fred organizza un furto di rame in un vicino deposito: la sua è la vita di un gipsy, di un ladro, un passato che non può rinnegare ma anzi onorare. Il regista Jean-Charles Hue descrive il sistema di valori della comunità nomade che vive in una zona rurale a nord di Parigi e mostra dinamiche lontane dalla società occidentale usando una scrittura frastagliata che stanca e fatica a coinvolgere.

Mange Tes Morts di Jean-Charles Hue, Francia 2014
Mange Tes Morts di Jean-Charles Hue, Francia 2014

Le automobili che sgommano nella polvere, l’inseguimento notturno della polizia, il furto e lo scontro-affronto tra bande fuori dalla discoteca sono alcuni degli elementi che citano generi come il poliziesco, il noir e il western, usati per alimentare il côté più finzionale del film. Questo versante è trattenuto al reale attraverso tecniche derivate dal documentario, dal cinéma vérité: camera ipercinetica che segue da vicino i protagonisti, reiterazione di parole, linguaggio sporco e molto vicino al parlato, personaggi reali, perché i Dorkel esistono davvero e il regista li ha conosciuti nell’Oise iniziando a frequentarli nel 2003. Due modelli di cinema che si incontrano, quasi un docu-drama: la loro congiuntura però non aiuta la storia, perché ci si sente presi in trappola, privati degli strumenti per affrontare il sistema e decifrare il codice. Rimango così segregata, realmente e metaforicamente, nell’automobile di Fred e con lui sfreccio nella lunga sequenza finale, prima per cercare di commettere il furto, poi per scappare e infine per dimostrare di essere fedeli a se stessi. Ma in questo essere così vicini ci si sente anche molto lontani: più che trovarsi ci si perde…

Mange Tes Morts di Jean-Charles Hue, Francia 2014
Mange Tes Morts di Jean-Charles Hue, Francia 2014

Onorare la propria storia, conoscere se stessi e farsi riconoscere di fronte alle autorità. Il titolo Mange tes morts fa riferimento al peggior insulto che un gipsy può ricevere perché è la negazione, il rifiuto dei propri antenati attraverso il “mangiare i propri cadaveri”. Da sempre il motto “conosci te stesso” è il monito per capire ciò che siamo, ciò che possiamo e fin dove possiamo spingerci; sempre fedeli a se stessi. Forse a spiazzare più di tutto è il dato di fatto, perché Fred conosce se stesso (lo dichiara più volte) e si fa riconoscere (di fronte alla polizia Fred ribadirà la propria identità), ma il regista, a dispetto di condurre lo spettatore in un percorso che arriva in questo terreno, lo mostra come dato di fatto.

L’altro sguardo sulla vicenda è quello del fratellastro Jason. Il film si apre su una cerimonia e da subito sappiamo che Jason dovrà essere battezzato: il rito, citato all’inizio del film e usato come conclusione, è espediente metaforico per spalleggiare il percorso fatto da Fred e che ora deve passare all’ultimo della famiglia come passaggio di testimone.

Tutto passa e avviene all’esterno e non si riesce ad entrare nei personaggi, nei loro pensieri; sono scarsi i dialoghi, criptiche alcune scene e scontate altre. L’intento antropologico di Jean-Charles Hue non riluce, purtroppo, e il successo festivaliero del film, che aveva già vinto il premio Jean Vigo a Cannes 2014, è spiegabile attraverso l’autocompiacimento di certa critica. Un film molto cerebrale e poco emozionale.

(Vai all’articolo sugli altri premi del festival)

Elena Cappelletti

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