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Venghino signori, venghino! La danza dolente di Patricia Zanco sulle macerie del Vajont

È un turbine, un vortice, una danza di parole che frastorna. Onorata società, ultimo lavoro in tournée di Patricia Zanco, è quel teatro civile che dovrebbe occupare i teatri pubblici per il suo ardore così dichiaratamente educativo, quasi didattico. Teatro civile, dopo Il racconto del Vajont di Marco Paolini, quella valanga di audience da lasciar ben poco tra le macerie.

Patricia Zanco recupera il gusto della parola cantata, danzata sui nomi, sulle responsabilità e soprattutto sui fatti. La sua sala da ballo per grottesche figure uscite dal sarcasmo di Grosz è spoglia di apparati illusionistici, è scatola per piccole e ingenue metafore: la sirena della polizia, una lampadina che oscilla (di celestiniana memoria) o tre bandierine per aumentare il pathos rabbioso del recitato. Già quel recitare sul ritmo di un blues, nel senso di scalcinata e inascoltata preghiera. Onorata società ci dice chi erano e chi sono i buoni e i cattivi, intenti manichei ma così essenziali in un teatro che oggi fatica ad assumersi responsabilità. La Zanco osa anche l’ingenuità e il candore di credere che il teatro possa svelare e dire la verità. A pochi passi dal Camploy di Verona altri teatri fanno scelte obbedienti a logiche clientelari al di sopra di direttori artistici e con buona pace della qualità. Tanto il pubblico assuefatto al poco applaude il nulla propinatogli senza motivarne il perché.

Onorata società. Foto Ricci
Onorata società. Foto Ricci

Al Camploy il teatro osa il conflitto d’interessi con la cronaca, scelta che chiede attenzione al dettaglio giuridico, anche quando il filo s’ingarbuglia. La cronaca che ancora crede in se stessa e con secchezza dà il là a Onorata società. Siamo nel teatro di narrazione alla vecchia maniera, basta la luce e il corpo dell’attore, meglio se solo a sobbarcarsi la fatica immane di giocare con i ruoli e le parti. La luce è verità, per il Vajont ci vuole verità e allora la Zanco ne usa a iosa. È un valzer di fonti luminose, posizioni, intensità. Ogni fascio, ogni punto luce è una voce, un frammento di cronaca, un pezzo dall’Amleto, un commento popolare o una sentenza. Quel che accade dopo una tragedia è di fatto un valzer di responsabilità e de-responsabilità. Zanco dirige le immagini delle prime pagine, proiettate su uno sfondo non proprio leggibile, e il rock di quelle della tragedia. Un infaticabile maestro, un direttore d’orchestra per il balletto dei numeri e dei processi. Il valzer si fa un difficile fiume di parole, un labirinto di spartiti con fatti e coincidenze. Faticoso seguire il dedalo di dimostrazioni e indagini. E allora l’attrice ci mette tutta la forza della voce femminile. Aggiunge sound psichedelico al blues delle preghiere. Piega la cronaca al grottesco e deforma le atmosfere come nei Pescecani di Brecht.

Onorata società. Foto Ferrazin
Onorata società. Foto Arianna Ferrazin

Niente di nuovo, la storia è nota, serve però ridirla (l’intento didattico per le nuove generazioni). Il testo di Niccolini sottolinea i nomi dei responsabili, aggiunge rabbia a rabbia. Le emozioni non servono, lasciano il nulla all’uscita del teatro. Han più forza la verità dei fatti, dei teoremi complottisti e i guadagni di chi all’epoca ha taciuto e insabbiato. Poi ci sono certi assiomi come quello che “nell’onorata società nascono i crimini”: puntine di spillo sulla scorza di burocrati e funzionari. Allora come oggi.

Simone Azzoni

 

Onorata società – Il Vajont dopo  il Vajont
di Francesco Niccolini | con Patricia Zanco
Teatro Camploy , Verona – Cartellone L’Altro Teatro
Repliche: 22 gennaio Teatro Lorenzo Da Ponte, Vittorio Veneto (TV); 6 febbraio Auditorium Melotti, Rovereto (TN); 20 febbraio Cinema Teatro Giardino, San Giorgio delle Pertiche (PD); dal 24 al 26 marzo Teatro Due, Roma.

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