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Ex machina. L’intelligenza artifıciale ai tempi di Google

La scena del primo incontro tra la robottina Ava e il timido Caleb è già nella storia della fantascienza. Ecco che compare: braccia, gambe e addome sono trasparenti e innervati di circuiti luminosi; mani e piedi, invece, sono perfette imitazioni umane; la faccia è di una ragazza di vent’anni. E con che grazia si muove!
Pare una ballerina classica e quando sorride ti dimentichi che è una macchina. Il povero Caleb se ne innamora al primo sguardo. Non è la prima volta che al cinema vediamo un uomo in carne e ossa perdere la testa per una donna artificiale. Ma è certamente la prima volta che vediamo un androide come Ava. Che è una novità, ce lo dice già il suo nome: Ava come Eva, la prima donna del mito biblico. Il suo papà è Nathan Bateman, l’eccentrico creatore di Blue Book (leggi Google), il più potente motore di ricerca di Internet. Ecco: il software che gira nel cervello di Ava – che è fatto di gel: wetware, non hardware – è manco a dirlo proprio Blue Book, modello perfetto e a portata di mano non solo di cosa pensa l’uomo d’oggi, ma anche di come pensa. E le espressioni facciali e vocali? Semplice: Nathan si è intrufolato negli smartphone di milioni di utenti, tutti ormai dotati di videocamere e microfoni, ha reindirizzato i dati a Blue Book e voilà: ecco a disposizione una fonte illimitata di volti e suoni. Insomma: Ava è Nathan, è Caleb, è me, te, tutti noi assieme scaricati in una macchina (…). Ex Machina è il miglior film di fantascienza uscito dopo Lei di Spike Jonze e senza dubbio la miglior sceneggiatura originale di Alex Garland (…).

Stefano Ferrarı

D’ARS anno 55/n. 221/autunno 2015 (incipit dell’articolo)

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