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Industriale immaginario, inediti dalla Collezione Maramotti

Industriale immaginario presenta una serie di opere mai mostrate prima al pubblico, acquisizioni che vanno ad arricchire con nomi illustri la già corposa e interessante Collezione Maramotti esposta nello storico ex stabilimento manifatturiero di Max Mara a Reggio Emilia.

Il fil rouge che lega opere di autori distanti tra loro per poetica, provenienza e temporalità è la riflessione sul mondo della produzione industriale: memoria e immaginari personali e collettivi, quotidianità e materiali di riuso impiegati nelle opere fanno riferimento al lavoro e agli oggetti fatti dalle macchine, comprese le informazioni e i codici.

Di arte processuale si può parlare per l’opera di Lara Favaretto, che imprime alla sua installazione cinetica una programmazione meccanica che innesca un processo di creazione dal cui risultato imprevedibile l’artista è esclusa: i rulli di Gummo III, spostati dal loro impiego in un autolavaggio, imprimono su superfici metalliche (i “quadri” dell’opera) dei segni sempre più evidenti mentre avanza il processo di logoramento delle spazzole.

Lara Favaretto Gummo III 2008 lastre e telai di ferro, spazzole, motori, piastre d’acciaio con cuscinetti a sfera, scatola elettrica, cavi elettrici, chiave / iron plates and frames, carwash brushes, motors, steel plates with ball bearing, electric box, electric cables, key 220 x 425 x 130 cm Ph. Carlo Vannini Courtesy Collezione Maramotti © the artist
Lara Favaretto, Gummo III, 2008. lastre e telai di ferro, spazzole, motori, piastre d’acciaio con cuscinetti a sfera, scatola elettrica, cavi elettrici, chiave.  Ph. Carlo Vannini. Courtesy Collezione Maramotti © the artist

L’automatismo è centrale anche nell’installazione Untitled (The Innocents Abroad) di Elisabetta Benassi, che impiega due lettori di microfiche (pellicole piane utilizzate soprattutto per le catalogazioni di materiali visivi) capaci di trasmettere la stessa suggestione rétro del tavolo da lavoro Olivetti sul quale poggiano. Il lavoro con le macchine anche qui viene automatizzato e grazie all’impiego di una scheda elettronica di ultima generazione, la celeberrima made in Italy e open source (lo specifichiamo per la portata politico e concettuale di questa invenzione) Arduino, nata proprio dall’eredità dell’ambiente industriale illuminato cui ha dato vita Olivetti ad Ivrea. Il circuito tra presente e passato, lavoro meccanico guidato dall’uomo e automazione completa, viene chiuso anche concettualmente nel voler affidare alle macchine modificate la scelta delle immagini proposte per pochi secondi al fruitore, fotografie da una parte e il loro retro dall’altra, provenienti da archivi di tutto il mondo e associate in modo del tutto casuale.

Gregory Green, Suitcase Bomb #31 (NY), 1996. Ph. Dario Lasagni. Courtesy Collezione Maramotti © the artist
Gregory Green, Suitcase Bomb #31 (NY), 1996. Ph. Dario Lasagni. Courtesy Collezione Maramotti © the artist

Gli assemblaggi di Gregory GreenBomb #31 (NY) e Nuc.Dev.Ed. #3 (10 kilotons, Plutonium 239) ci ricordano come oggi sia possibile per chiunque reperire materiali e informazioni per la costruzione di ordigni esplosivi semplicemente recuperando istruzioni dalla rete e componenti elettronici e chimici dai negozi. Quelle in mostra sono delle vere e proprie bombe alle quali manca giusto qualche componente per poter funzionare veramente. Il messaggio, lanciato dall’artista già da diversi decenni, si rinnova nei recenti episodi di cronaca e nel dibattito sull’avanzamento delle soluzioni fai da te per la realizzazione di armi. Basti pensare alle possibilità aperte dalle stampanti 3D per la creazione di armi in plastica, soluzione già sperimentata anche con macchine poco costose.

Krištof Kintera, Small Factory (Personal Industry L.T.D.), 2009, metallo rivestito in nichel, macchina del fumo automatica con timer, tappet, poltrona. Courtesy Collezione Maramotti © the artist
Krištof Kintera, Small Factory (Personal Industry L.T.D.), 2009, metallo rivestito in nichel, macchina del fumo automatica con timer, tappet, poltrona. Courtesy Collezione Maramotti © the artist

Krištof Kintera con la sua Small Factory (Personal Industry L.T.D.) ci proietta in un’ambientazione surreale nella quale si realizza un cortocircuito tra ambiente domestico e paesaggio industriale. Le due dimensioni convivono in una “crasi” che sottolinea il loro inestricabile legame suggerendo con un accenno quasi tragicomico la difficoltà a convertire in una formula ecologicamente sostenibile il nostro stile di vita.

Gli altri artisti in mostra: Vincenzo Agnetti, Wim Delvoye, Paolo Grassino, Peter Halley, Kent Henricksen, Matthew Day Jackson, Kaarina Kaikkonen, Annette Lemieux, Nuvolo, Carl Ostendarp, Laure Prouvost, Tom Sachs, Vincent Szarek, Andrea Zittel,

Fino al 28 febbraio 2016 è possibile visitare anche l’installazione Silent Sticks di Corin Sworn, vincitrice della quinta edizione del Max Mara Art Prize for Women. Il lavoro esposto è ispirato ai personaggi e ai racconti della Commedia dell’Arte ed è stato sviluppato dall’artista nel corso di una residenza in tre città italiane, Roma, Napoli e Venezia.

Martina Coletti

Industriale immaginario
Collezione Maramotti, Reggio Emilia
Fino al 24 aprile 2016
La mostra, ad ingresso libero, è visitabile negli orari di apertura della collezione permanente.
Giovedì e venerdì 14.30 – 18.30. Sabato e domenica 10.30 – 18.30

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