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Novantanove Disobedient Objects al V&A Museum di Londra

In parallelo all’iniziativa dedicata al Rapid Response Collecting, una raccolta di oggetti che rispecchiano specifiche problematiche della vita in società, il prestigioso Victoria & Albert Museum di Londra ospita Disobedient Objects, mostra a ingresso libero – visitabile fino al primo febbraio 2015 – che raccoglie novantanove oggetti espressi dai movimenti sociali di tutto il mondo, in un arco di tempo che va dagli anni Settanta a oggi.

L’esposizione prova a testimoniare come l’attivismo politico abbia guidato l’ingegno progettuale collettivo, di designer non commerciali e con risorse limitate; sottolineando inoltre la forza delle loro creazioni nel catalizzare e alimentare la protesta.

Disobedient Objects si articola in quattro sezioni che analizzano le strategie all’interno delle quali gli oggetti esposti sono stati ideati: dalla capacità di elaborare immediatamente strumenti utili alla causa (Machina Worlds) al potere della parola, anche sotto l’aspetto dei valori grafici (Speaking Out); dai proiettili di umorismo sovversivo (Direct Action) alla divulgazione e alla creazione del consenso (Solidarity).

Inflatable cobblestone, action of Eclectic Electric Collective in co-operation with Enmedio collective during the General Strike in Barcelona © Oriana Eliçabe/Enmedio.info
Inflatable cobblestone, action of Eclectic Electric Collective in co-operation with Enmedio collective during the General Strike in Barcelona © Oriana Eliçabe/Enmedio.info

In questa sede la rassegna sarà esemplificata da una selezione personale, partendo dai sanpietrini gonfiabili che a Barcellona, durante lo sciopero generale del 2012, costringevano la polizia a uno scontro ludico; ma anche dai larghi scudi elaborati come copertine di libri che in Inghilterra, in occasione della contestazione ai tagli all’istruzione (2010-2012), venivano messi in prima linea contro le forze dell’ordine.

Tutt’altra storia è quella del quadrato rosso di Solidarność (sindacato libero polacco in opposizione allo Stato comunista), logo che venne ripreso in Québec – spesso comparendo come foto profilo su Facebook – da centocinquantamila studenti contrari all’aumento di un terzo della tassa universitaria. In seguito il quadrato mutò in piuma rossa con Idle No More, movimento in difesa delle popolazioni indigene del Canada.
Proseguendo con le forme geometriche e con i monocromi, a partire dagli anni Settanta negli Stati Uniti venne rielaborato il triangolo rosa usato nei campi di concentramento nazisti per marchiare gli omosessuali e, ribaltandolo in cono rosa, se ne costruì il simbolo delle battaglie per i diritti gay.

Dolls of the Zapatista Revolution, The Zapatista, Mexico Artist © Victoria and Albert Musem
Dolls of the Zapatista Revolution, The Zapatista, Mexico Artist © Victoria and Albert Musem

Va riservato uno spazio alle creazioni di stoffa, come le bambole messicane che, versione zapatista di quelle tradizionali, nel 1996 vennero portate al meeting internazionale di Chiapas per creare una rete globale di resistenza e solidarietà. Al loro fianco si trovano le arpilleras, applicazioni tessili realizzate dalle donne cilene per documentare la violenza durante la dittatura di Pinochet. Vendute all’estero tramite una rete solidale, le arpilleras generavano reddito, che consentiva alle donne di tesserne delle altre, e impegnavano queste persone in un’attività di gruppo in cui ripararsi.

Installation Image, Disobedient Objects ©Victoria and Albert Museum
Installation Image, Disobedient Objects ©Victoria and Albert Museum

Non passa inosservato il Tiki Love Truck, veicolo che commemora John Joe “Ash” Amador, condannato a morte in Texas nel 2007. Dopo l’esecuzione, l’artista Carrie Reichardt fece un calco del volto e, tornato in Inghilterra, guidò la jeep per le vie di Manchester con esposta la maschera di Amador in segno di dichiarazione contro la pena di morte.
Un altro mezzo di trasporto è The Bike Bloc che, costruito in vista della disobbedienza civile di massa contro il COP15 Climate Summit, è fatto di vecchie biciclette fuse insieme, sui cui vennero innestati altoparlanti. Supportato da migliaia di persone, The Bike Bloc violò il cordone di sicurezza del summit e riuscì a ottenere un’assemblea alternativa.

The Bread and Puppet Theatre, Tableau of three puppets © Jonathan Slaff
The Bread and Puppet Theatre, Tableau of three puppets © Jonathan Slaff

L’attenzione dovrebbe sostare su tanti altri oggetti, dagli stencil siriani ai pannelli di spille contro l’Apartheid, dalle provocazioni delle Guerrilla Girls ai pupazzi di cartapesta del Bread and Puppet Theatre, senza dimenticare le maschere antigas realizzate in Turchia con bottiglie di plastica. Si preferisce però concludere con un oggetto digitale: Phone Story, un’applicazione – scaricabile gratuitamente su Iphone e Android – che porta il giocatore a vivere le fasi di produzione del device che tiene tra le mani. In sintesi, per vincere l’utente deve: forzare i bambini congolesi a estrarre coltan, prevenire suicidi nelle fabbriche cinesi e smaltire i rifiuti tossici in Pakistan. Ah, l’applicazione venne bannata dai negozi online quattro giorni dopo l’uscita.

Giordano Bernacchini

Disobedient Objects
The Porter Gallery
Victoria and Albert Museum
Cromwell Road
London SW7 2RL

26 luglio 2014 – 1 febbraio 2015
Aperto tutti i giorni 10.00–17.30 (venerdì 10.00–21.30)
Chiuso dal 24 al 26 dicembre 2014

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