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Urban art map: USA (parte1)

Esaurita la fase delle origini, nella rassegna delle distinte vicende che accompagnano la nascita e l’evoluzione del writing, e sfociando poi nella formazione del nuovo concetto di street art (cosa si intende per Street art), giungiamo ora ad esaminare più da vicino tutti quei fenomeni, graffiti e street art in primis, che vengono ricondotti generalmente al campo semantico dell’arte urbana. L’inquadramento di una tale complessità di forme ed espressioni, capaci di continuo rinnovamento e riscrittura, necessita di un andamento di lettura specifico, che si serva di una lente particolare per metterne in risalto la ricchezza delle formazioni, piuttosto che trarre giudizi definitivi non suffragabili da una prospettiva storica troppo corta. Utile a questo scopo, quindi, è l’organizzazione di mappe testuali, che permettano di osservare la fenomenologia storica e attuale dell’arte urbana immersa nel suo contesto locale, il quale, nonostante i decisi flussi accentratori globali, risulta ancora essere un elemento caratterizzante. Terra di germinazione dei “graffiti moderni”, gli Stati Uniti rappresentano la prima tappa di un viaggio che toccherà  i principali snodi del mondo occidentale.

A New York, intorno alla metà degli anni Ottanta, il writing subisce un duro colpo. Tra il 1985 e il 1989 la MTA (Metropolitan Transportation Authority) porta avanti una decisa campagna di sradicamento del fenomeno dalla metropolitana della Grande Mela. Ingenti somme vengono stanziate per aumentare i controlli e, soprattutto, sostituire le vecchie carrozze con altre in acciaio inox, materiale che lascia poco spazio all’adesione delle vernici sulla sua superficie. Il risultato è vincente, ma se da un lato si argina una tendenza, dall’altro, come conseguenza, se ne inaugura involontariamente un’altra: i writer, frustrati dal non vedere più i loro pezzi “girare”, si inventano, con l’inizio dei Novanta, la pratica dello scratching (lett. graffiare) sui vetri, e nascono i cosiddetti “scratchiti”, tutt’ora modalità di tagging diffusissima e non efficacemente combattuta. Ulteriore esito dell’abbandono delle incursioni in metropolitana è l’esplosione del writing nelle strade, che mai prima di ora divengono aree di conquista visuale, ospitando diversi registri e soluzioni di arte urbana. Cost e Revs sono due tra i principali artefici della nuova era dei graffiti, e, utilizzando nuovi medium come sticker, rulli e sculture metalliche, ne premono i confini verso nuove possibilità.

Revs & Cost, metà anni 90

Uno dei luoghi di riferimento delle nuove generazioni di writer newyorkesi diviene una vecchia struttura industriale che dai primi anni Novanta si veste di lettere e creazioni dei writer più in vista della metropoli; si consacra un vero e proprio santuario del writing, e l’eco, dai cinque boroughs di New York – da cui il nome “Five Pointz”, assegnato al luogo – si propaga a tutto il mondo.

5pointz

Questa enclave nel cuore del Queens, nonostante le voci levate per la sua salvaguardia, viene prima completamente imbiancata, e poi abbattuta, nell’agosto 2014, per far posto a nuovi investimenti immobiliari. Il caso Five Pointz ha lasciato in eredità aspre polemiche e reazioni, e soprattutto una riflessione sulla connaturata caducità dell’arte urbana non pubblica.
New York può essere considerata la culla di generazione dell’urban art; la nascita e l’irradiazione degli stili del writing trovano qui il loro fondamento e base di partenza, così come è proprio in questi lidi che si diffonde e si sostanzia l’idea più propria di interventismo e attivismo artistico urbano, precorritrice di tutto ciò che noi oggi indichiamo sotto il nome di street art.
Una delle piattaforme di lancio del nuovo significato di arte urbana e snodo di tutta la recente storia artistica newyorkese, è la mostra Time Square Show, tenuta nel 1980 in una Time Square allora in preda al degrado e alla criminalità. Questa mostra di rottura, pensata per la contaminazione tra alto e basso, concesso e non concesso, come una fucina di Efesto dell’estro più genuino, conferisce grande evidenza e seguito a tendenze, tra le altre, quali i graffiti e forme più o meno affini di creatività stradale. Fare dell’arte fuori dagli schemi tradizionali, trasfigurando forme e significati della città, diventa prerogativa non solo dei writer ma anche di coloro che, ispirati da quest’ultimi, esplorano nuovi territori di comunicazione (Jean-Michel Basquiat; Keith Haring; Kenny Scharf). Infine, muovendosi indipendentemente da una cosiddetta cultura “bassa”, alcuni artisti dislocano la propria nutrita ricerca artistica dallo studio allo spazio pubblico, approfondendone le potenzialità. I Truism di Jenny Holzer e i busti del popolo del Bronx di John Ahearn, uno dei curatori della mostra, rappresentano esattamente questa visione.

John Ahearn, Bronx, 1985

Il legame della Street art contemporanea con quell’epoca è profondo e nessun luogo a New York ne conserva e tramanda testimonianza più del celebre Bowery Mural tra Houston Street e Bowery, a Manhattan. In quanto continuatori della memoria dello storico murale dipinto qui nel 1982 da Keith Haring, dal 2008 ad oggi street artist americani e internazionali si alternano a dare nuove sembianze a questa parete, divenuta meta imprescindibile per i numerosi appassionati del genere. Il progetto, curato da Jeffrey Deitch, ha visto la partecipazione di alcuni noti protagonisti della storia dell’arte urbana newyorkese: Crash e Cope2, cresciuti tra hip-hop e graffiti nel Bronx degli anni Settanta; il collettivo FAILE e Swoon, sulla scena della Street art – con stampe e poster il primo, sagome umane e intricati lavori di carta la seconda – già dalla fine degli anni Novanta; Maya Hayuk e i gemelli How & Nosm, artisti tra i più affermati interpreti internazionali della pittura murale su grande scala.

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Swoon al lavoro sul Bowery Mural, 2013

Molti di questi nomi, pur viaggiando e lavorando continuamente in giro per il mondo, mantengono il loro quartier generale nel distretto di Brooklyn, che è oggi l’area di New York più densamente votata alla Street art, un melting pot di immagini e codici visuali concentrato in particolare nei quartieri di Bushwick, Dumbo e Williamsburg.

Un angolo a Williamsburg, Brooklyn, photo by Jaime Rojo

Sempre a Brooklyn prende vita l’esperienza di un altro collettivo di artisti, il Graffiti Research Lab, che merita di essere menzionato per il lavoro sperimentale e innovativo applicato al mondo dei graffiti. La loro ricerca, mediante l’uso di tecnologie open source, ha ulteriormente spinto l’attivismo artistico metropolitano verso nuove possibilità di espressione. Loro prodotti sono i LED throwies – piccoli LED applicabili grazie a delle calamite su tutte le superfici metalliche urbane – e il sistema di Laser tagging, che permette di realizzare graffiti, non invasivi ma altamente spettacolari, su vaste superfici architettoniche.

Egidio Emiliano Bianco

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