Parigi nel Novecento è la città dell’avanguardia, e non solo dei primi decenni del secolo. Già diversi anni prima della comparsa delle prime tag a spray nelle metropoli americane, Brassaï, nel 1960, pubblica una raccolta di fotografie di muri parigini “graffiati” in qualunque maniera. Graffiti – azzardando, una Subway Art ante litteram – è solo l’introduzione di un destino, quello della capitale transalpina, profondamente intrecciato al patrimonio genetico di ogni forma di arte urbana. La strada nel mondo francese trasuda una particolare energia: è il grande teatro del sovvertimento del preordinato, che sia uno stato politico, sociale o artistico: è il palcoscenico di tutti. Senza scomodare i tempi antichi della Rivoluzione, è il Maggio Rosso del ’68 a evidenziare ancora una volta questa predilezione per la strada, ulteriormente luogo della celebre deriva dei situazionisti, che molto contribuirono con le loro idee all’addensamento di quell’atmosfera.
Accanto ai messaggi, politici e insieme poetici, lasciati dagli studenti sui muri, la strada diviene spazio di azione artistica nei più disparati modi e numerosi interpreti partono alla conquista di territori ancora vergini. Lo stencil, in francese pochoir, trova in questa temperie parigina la culla della sua generazione artistica e inizia a diffondersi con rapidità sui muri della capitale. Blek le Rat e Jef Aérosol sono tra i precursori assoluti di questa tecnica slegata da significati politici e da altri ambienti di impiego come quelli della cultura Rock e Punk. Il primo, fondendo vecchi ricordi di graffiti americani e stencil fascisti avuti durante due viaggi rispettivamente a New York e a Padova, sin dal 1981 diffonde per le strade parigine il suo primo e identificativo disegno, il ratto nero, di cui Banksy avrà successivamente confessata reminiscenza.
La tecnica del pochoir conoscerà nella capitale francese uno straordinario successo durante gli anni Ottanta, con artisti quali Miss Tic, Jérome Mesnager, Epsylon Point, Jean Bombeur, Speedy Graphito e molti altri che insieme ai già citati Blek le Rat e Jef Areosol costituiranno la prima generazione dell’arte urbana francese, ancor prima di quella dei graffiti, con cui sin da subito le discordanti visioni formali e di pensiero saranno causa di quel rapporto non idilliaco che si protrae ancora oggi.
Durante i primi anni Ottanta la strada del writing parigino non è ancora nettamente delineata e solo pochi nomi risaltano sui muri della città. Bando, conoscitore della scena americana grazie alle sue origini, è considerato il “pater patrie” dei graffiti a Parigi, con lui Boxer, Psyckoze, Ash2 (Il Victor Ash del celebre astronauta di Berlino, vedi Berlino parte 2) e un’altra manciata di nomi che imprimono energia allo sviluppo del movimento, il quale sarà supportato in seguito dall’apporto di giganti come Mode2, con il suo bagaglio di characters, da Londra e Jonone da New York.
Molto interessante è notare come i graffiti a Parigi, contrariamente a quanto avvenuto negli Stati Uniti, sono praticati prevalentemente in aree centrali della città da ragazzini di famiglie benestanti, medio e alto borghesi, come quella da cui proveniva lo stesso Bando; la penetrazione nelle banlieue di periferia e l’impronta sociale data a questa pratica saranno fasi solo successive all’approdo del fenomeno hip hop, dopo la metà degli anni Ottanta.
Su tutti i luoghi d’azione privilegiati dai giovani writer, tra questi i muri di contenimento della Senna, il centralissimo Pont Du Carrousel e il cantiere del Centre Pompidou allora in costruzione, assume un ruolo simbolico e per certi versi sacro – tanto da essere ribattezzato “La cathédrale du tag”[1] – il vasto spazio desolato e recintato da muri accanto alla stazione della metro di Stalingrad, nel nord della città. Lo spazio dello Stalingrad resterà per oltre un decennio il tempio del mondo dei graffiti e dell’Hip-Hop Parigino – qui viene organizzato il primo Block Party nel 1986 – contribuendo alla formazione di uno stile proprio, che privilegia la chiarezza e la leggibilità del block-letters, o di altre tipologie formali a lettere distanziate, alla complicatezza unificante del wildstyle.
Egidio Emiliano Bianco
[1] http://www.telerama.fr/sortir/dans-l-histoire-du-graffiti-le-terrain-vague-de-stalingrad-est-fondamental,118419.php