Parigi nel Novecento è la città dell’avanguardia, e non solo dei primi decenni del secolo. Già diversi anni prima della comparsa delle prime tag a spray nelle metropoli americane, Brassaï, nel 1960, pubblica una raccolta di fotografie di muri parigini “graffiati” in qualunque maniera. Graffiti – azzardando, una Subway Art ante litteram – è solo l’introduzione di un destino, quello della capitale transalpina, profondamente intrecciato al patrimonio genetico di ogni forma di arte urbana. La strada nel mondo francese trasuda una particolare energia: è il grande teatro del sovvertimento del preordinato, che sia uno stato politico, sociale o artistico: è il palcoscenico di tutti. Senza scomodare i tempi antichi della Rivoluzione, è il Maggio Rosso del ’68 a evidenziare ancora una volta questa predilezione per la strada, ulteriormente luogo della celebre deriva dei situazionisti, che molto contribuirono con le loro idee all’addensamento di quell’atmosfera.
![Blek le Rat, photo by Eric Steuer (wikicommons)](https://www.darsmagazine.it/wp-content/uploads/2015/08/FOTO-1.jpg)
Accanto ai messaggi, politici e insieme poetici, lasciati dagli studenti sui muri, la strada diviene spazio di azione artistica nei più disparati modi e numerosi interpreti partono alla conquista di territori ancora vergini. Lo stencil, in francese pochoir, trova in questa temperie parigina la culla della sua generazione artistica e inizia a diffondersi con rapidità sui muri della capitale. Blek le Rat e Jef Aérosol sono tra i precursori assoluti di questa tecnica slegata da significati politici e da altri ambienti di impiego come quelli della cultura Rock e Punk. Il primo, fondendo vecchi ricordi di graffiti americani e stencil fascisti avuti durante due viaggi rispettivamente a New York e a Padova, sin dal 1981 diffonde per le strade parigine il suo primo e identificativo disegno, il ratto nero, di cui Banksy avrà successivamente confessata reminiscenza.
![Miss Tic, Quartiere Latino, Parigi, photo by goandgo, 1991 (Licenza Creative Commons BY-SA 2.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/)](https://www.darsmagazine.it/wp-content/uploads/2015/08/FOTO-2-e1440590802670.jpg)
La tecnica del pochoir conoscerà nella capitale francese uno straordinario successo durante gli anni Ottanta, con artisti quali Miss Tic, Jérome Mesnager, Epsylon Point, Jean Bombeur, Speedy Graphito e molti altri che insieme ai già citati Blek le Rat e Jef Areosol costituiranno la prima generazione dell’arte urbana francese, ancor prima di quella dei graffiti, con cui sin da subito le discordanti visioni formali e di pensiero saranno causa di quel rapporto non idilliaco che si protrae ancora oggi.
![Lo Stalingrad di Parigi con la metro sullo sfondo, anni Ottanta, photo by Julien Rebucci](https://www.darsmagazine.it/wp-content/uploads/2015/08/FOTO-4-e1440591000512.jpg)
Durante i primi anni Ottanta la strada del writing parigino non è ancora nettamente delineata e solo pochi nomi risaltano sui muri della città. Bando, conoscitore della scena americana grazie alle sue origini, è considerato il “pater patrie” dei graffiti a Parigi, con lui Boxer, Psyckoze, Ash2 (Il Victor Ash del celebre astronauta di Berlino, vedi Berlino parte 2) e un’altra manciata di nomi che imprimono energia allo sviluppo del movimento, il quale sarà supportato in seguito dall’apporto di giganti come Mode2, con il suo bagaglio di characters, da Londra e Jonone da New York.
Molto interessante è notare come i graffiti a Parigi, contrariamente a quanto avvenuto negli Stati Uniti, sono praticati prevalentemente in aree centrali della città da ragazzini di famiglie benestanti, medio e alto borghesi, come quella da cui proveniva lo stesso Bando; la penetrazione nelle banlieue di periferia e l’impronta sociale data a questa pratica saranno fasi solo successive all’approdo del fenomeno hip hop, dopo la metà degli anni Ottanta.
![Scipion, Ash2, Stalingrad 1986, photo by Solanas (wikicommons)](https://www.darsmagazine.it/wp-content/uploads/2015/08/FOTO-5-e1440591195175.jpg)
Su tutti i luoghi d’azione privilegiati dai giovani writer, tra questi i muri di contenimento della Senna, il centralissimo Pont Du Carrousel e il cantiere del Centre Pompidou allora in costruzione, assume un ruolo simbolico e per certi versi sacro – tanto da essere ribattezzato “La cathédrale du tag”[1] – il vasto spazio desolato e recintato da muri accanto alla stazione della metro di Stalingrad, nel nord della città. Lo spazio dello Stalingrad resterà per oltre un decennio il tempio del mondo dei graffiti e dell’Hip-Hop Parigino – qui viene organizzato il primo Block Party nel 1986 – contribuendo alla formazione di uno stile proprio, che privilegia la chiarezza e la leggibilità del block-letters, o di altre tipologie formali a lettere distanziate, alla complicatezza unificante del wildstyle.
Egidio Emiliano Bianco
[1] http://www.telerama.fr/sortir/dans-l-histoire-du-graffiti-le-terrain-vague-de-stalingrad-est-fondamental,118419.php