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Urban Art Map: Città del Messico

Nello scacchiere internazionale dell’arte urbana poche aree come i paesi dell’America Latina hanno saputo tessere le inevitabili contaminazioni e influenze provenienti dagli Stati Uniti con la cultura figurativa locale, dando vita ad un ordito di immagini proprie e distintive, che accolgono la tradizione nei modi e nelle forme del contemporaneo. Erede della fondamentale esperienza del muralismo degli anni Venti del secolo scorso, il Messico vive oggi, grazie alle nuove generazioni di artisti dello spazio pubblico, un ulteriore significativo movimento d’azione artistica, nuovo in quanto espressione del contemporaneo, e assieme nutrito dalle radici di un grande passato.

Juan O’Gorman, UNAM, biblioteca centrale, Città del Messico
Juan O’Gorman, UNAM, biblioteca centrale, Città del Messico

Città del Messico aka D.F. (Distrito Federal), con i suoi quasi trenta milioni di abitanti dell’area metropolitana, è una megalopoli dalla straordinaria estensione e densità di struttura urbana, una selva dalle immense potenzialità per la proliferazione di graffiti, Street art e arte pubblica. Contrariamente, però, a quanto potrebbe apparire consequenziale, la grande città dei Chilangos – come vengono apostrofati i suoi residenti – non ha mai affrontato una vera e propria emergenza graffiti, nonostante anche queste latitudini abbiano conosciuto l’importazione del fenomeno statunitense a partire dalla metà degli anni Ottanta. Questa è probabilmente una delle motivazioni, assieme a quelle culturali, che fin dagli esordi indirizza buona parte della Street art messicana sul sentiero muralista, mentre tecniche di rapida esecuzione come lo stencil e l’affissione di manifesti si diffondono con minor capillarità che nelle città più ostili alle espressioni dell’arte urbana. La relativa permissività – è in ogni caso necessaria l’autorizzazione del proprietario del muro – delle autorità alla pratica della pittura parietale ha innestato la marcia all’estro sincretico dei nuovi muralisti, i quali se pur perpetuano l’epoca delle imprese di Rivera, Siqueiros e Orozco non ne condividono i profondi significati politici e sociali, allora connessi alla Rivoluzione.

Sego, D.F., photo by unurth.com
Sego, D.F., photo by unurth.com

Le grandi composizioni del muralismo messicano, come quelle dell’UNAM (Universidad Nacional Autonoma de Mexico), tra cui il celeberrimo mosaico di Juan O’Gorman che copre interamente le superfici esterne della Biblioteca Centrale, hanno, invece, indubbiamente ispirato la fantasia e coltivato l’immaginario figurativo di numerosi street artist Chilangos. Nonostante questo substrato estetico molto forte, le corrispondenze e i legami non sono sempre scontati, anzi, spesso risaltano ricerche che rivendicano un proprio grado di autonomia e distinti campi di orientamento. Una di queste è portata avanti da artisti come Sego, Dhear, Curiot e Seher One, ognuno libero interprete di un fantastico e quasi allucinatorio mondo ispirato dalla natura e dal mondo animale, la cui vena immaginifica e fiabesca sembra accordarsi alle parole di Andrè Breton che qui in visita nel 1938 definisce il Messico di Frida Khalo “un paese surrealista”.

Saner, Oaxaca, photo by treintaysietegrados.com
Saner, Oaxaca, photo by treintaysietegrados.com

Iconografia e simbolismo dall’antichissima cultura popolare al folklore locale, acquistano risalto nell’opera di Neuzz e Saner, due tra i più riconosciuti artisti messicani sulla scena internazionale. Riti, maschere e miti di origine precolombiana – tra questi la figura del Nagual, uomo dai poteri magici capace di metamorfosi zoomorfa, è particolarmente evocata – vengono trasferite su un piano linguistico moderno, illustrativo ed efficace. Altro emblema del repertorio figurativo tradizionale è il teschio: diffuso comunemente nella Street art messicana e chicana (vedi Los Angeles, parte I), questa icona archetipica di ascendenza atzeca assume in questa cultura non il più comune e negativo senso di morte, bensì quello positivo di rinascita e continuazione della vita che viene celebrato durante il Dia de los Muertos.

Ericailcane, Manifesto, 2015, photo by fifty24mx.com
Ericailcane, Manifesto, 2015, photo by fifty24mx.com

Condesa e La Roma rappresentano nel puzzle delle inesauribili colonias (quartieri) che compongono il profilo di D.F. alcune delle destinazioni più densamente frequentate dagli street artist; arte urbana è di casa anche a Colonia Doctores, intorno alla sede del Foro Cultural Mujam, ente che per primo nel 2007 ha dato i natali a un evento di Street art in città. Infine, numerosi muri dipinti possono essere facilmente trovati anche nelle strade molto trafficate del Centro Storico, dove grandi pareti facenti parte di conosciuti hotel e importanti sedi hanno accolto nel 2012 la più grande manifestazione di Street art muralista mai organizzata a Città del Messico.

Il progetto, partendo dal titolo All City Canvas, ha cercato specificatamente di fare della Street art un’occasione di arricchimento per tutta la città e i suoi diversi gruppi sociali, ottenendo dopo numerosi sforzi la concessione di pareti anche in pieno centro o in quartieri elitari piuttosto che adottare la linea un po’ standardizzata della rigenerazione di aree difficili. Nasce invece dalla consapevolezza della capacità della Street art di saper essere efficace strumento di denuncia e riflessione per la coscienza, l’iniziativa Manifesto, in cui artisti locali, come Saner e Curiot, insieme a muralisti di fama internazionale del calibro di Blu (ITA), Ericailcane (ITA) e Bastardilla (COL) tra gli altri, sono stati invitati dalla Fifty 24MX Gallery a dipingere facciate cieche nei quartieri centrali della metropoli, su temi sensibili alla attuale e difficile situazione sociale, politica ed economica messicana.

Egidio Emiliano Bianco

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